Il Maneki Neko è un gatto in ceramica che spesso si vede nei ristoranti giapponesi o cinesi. Ha un collarino rosso intorno al collo, un campanellino ed è appoggiato su una moneta. È simbolo di fortuna e ricchezza. Come ha fatto un tenero gattino kawaii a diventare l’emblema dell’avidità del capitalismo orientale? Il famoso gatto con la zampina alzata è nato in Giappone, quindi possiamo dirlo con sicurezza: “Non è una cinesata”. La sua origine si perde nelle sabbie della lettiera del tempo, ma una cosa è certa: in ogni locale o casa giapponese non manca un felino di porcellana. Almeno in quelle che ho visto io. La più classica delle leggende racconta di un gattino “annaffiato” e malconcio che venne soccorso dal proprietario di una locanda che non aveva molto successo. Dopo essersi rimesso in sesto e sicuramente aver mangiato tutti i topi della cucina, il gatto rimase fuori dal locale facendo segno con la zampina ai viandanti di fermarsi a mangiare. Da randagio a Gatto-sandwich, con tanto di contratto part time + vitto e alloggio. Al tempio Gotoku-ji di Tokyo invece dicono che un nobile di bell’aspetto, tornando da una visita a una falconeria incrociò un gatto lì davanti. Ora, come facessero a sapere che era stato a vedere gufi e falchi non si sa, sta di fatto che il micetto agitava la zampina verso il riccone amante degli uccelli che si era rifugiato sotto un albero per via di un acquazzone in arrivo. Mr. Rich ascoltò il dolce felino e lo seguì sotto la tettoia del tempio. Un fulmine squarciò il cielo e colpì l’albero. Il signore rimase di ghiaccio, se non fosse stato per quell’animale sarebbe diventato come un pollo in un girarrosto. Decise così fare una donazione in onore del suo salvatore e fece ingrandire il tempio a suon di bigliettoni. Da ornitologo spendaccione divenne un catlover con gli occhi a cuore. Sempre a Tokyo, al tempio Shintoista Imado, dove si prega per trovare uno straccio di fidanzato decente, hanno un’altra versione. Un’anziana gattara cercava di arrivare a fine giornata, ma spesso non riusciva a sfamare né lei né i suoi gattini. Una notte sognò un enorme micione che le insegnò a modellare con la creta i famosi Maneki Neko, in più le suggerì, con un’operazione di marketing straordinaria, di venderli al mercato. Questa idea creativa riscosse molto successo e la donna riuscì finalmente a riempire il suo stomaco e le ciotole dei suo adorati animaletti scheletrici. Poi sicuramente la cacciarono, perché le zitelle preferivano pregare per sposarsi e non per rendere felici voraci colonie feline. Un'altra versione racconta che al tempio Gotoku-Ji al posto dell'agiato benefattore, ci fosse il samurai Li Naotaka che, insieme ai suoi compari, stava cercando di fuggire da un attacco nemico. Il gatto meteorologo, sempre con la solita zampina, attirò il clan di guerrieri dentro il tempio e li salvò tutti. Al contrario, i più informati sostengono che il famoso gatto di porcellana fu visto per la prima volta in un bordello. Una notte la prostituta Usugumo continuava a scalciare il suo adorato pet perchè, come un ossesso, non smetteva di tirarle il suo prezioso kimono. Stanca di avere le gambe graffiate chiamò il tenutario che, invece di agitare la scatola dei croccantini, tagliò di netto la testa del povero animaletto che finì sul soffitto e uccise un serpente nascosto chissà dove.La povera Usugumo pianse per giorni, il suo fidato amico voleva solo salvarle la vita, mentre quel cornuto del suo capo pensava fosse indemoniato. Un cliente vedendola così affranta costruì per lei una statuetta a forma di gatto e gliela fece trovare sul comodino. Ovviamente non era gratis, ma preferì il pagamento in natura. :-P La rielaborazione antropologica di questa storia è meno teatrale di quella raccontata da quella mitomane di Usugumo. Nel periodo Edo all’ingresso delle case di piacere c’erano “peni di ceramica” grandi come pannocchie appoggiati sullo “scaffale della fortuna”. Servivano come buon auspicio e per attirare ricchezza.Dopo la Restaurazione Meiji, i giapponesi iniziarono a far scomparire oggetti che alludevano troppo al sesso e poi diciamocelo non è molto bello vedere alla cassa un fallo gigante che ti guarda con fare lussurioso. Con il tempo i pistolini vennero sostituiti dai gattini, almeno questo notarono gli studiosi dell’epoca, che inseguiti dalle mogli con il mattarello si giustificavano urlando: “Guarda che ero lì solo per prendere appunti per la tesi” Il Maneki Neko è ispirato al gatto Bobtail, quello senza coda. Secondo la credenza la zampetta sinistra alzata porta più clienti, mentre quella destra porta ricchezza e fortuna. Il classico da souvenir è bianco con delle macchie marroni e nere. Ma con gli anni si è radicato talmente tanto nella cultura popolare che ormai potete trovarlo in tutte le varianti della tabella Pantone: dall’opulente dorato dei ristoranti al niveo candido dei baretti del quartiere Yanaka di Tokyo fino a quelli neri, che servono per scongiurare il male e tenere in salute i bambini. Il suo simbolismo ormai va oltre la fortuna. Ecco perché il Maneki Neko è usato per qualsiasi cosa: per trovare l’amore, passare un esame universitario, allontanare gli stalker o semplicemente come decoro su una mensola vuota. Io ne ho uno giallo ittero. È sempre lì che mi sorride. O forse è una smorfia per i suoi problemi di fegato. :-P Gtvb Le foto sono state scattate al Cafe Nekoemon a Yanaka - Tokyo.Un locale dove dipingere gatti e sorseggiare the in santa pace.
Per il mio ultimo giorno in Giappone mi sono scelto la maledizione delle maledizioni: una full- immersion di templi con guida annessa in lingua anglo-nipponica. Anzi esageriamo: due guide! Vi ricordo che ho vinto il viaggio aggratis (cliccate QUI) e tutto questo era nel pacchetto all-inclusive, quindi rifiutare mi sembrava da maleducato. La mail di convocazione è abbastanza perentoria: “Ritrovo nella hall ore 8:30. Non sono ammessi ritardi. Ciao” Io non sono stato molto furbo. Ho fatto colazione alle 8:10 e poi ho fumato la sigarettina fuori dall’Hotel con l’aria frizzante che mi accarezzava il pancino. Risultato? Movimenti tellurici intestinali appena è arrivato il pullman a prendermi. Pensavo fosse un tour intimo e invece è un giro di gruppo. Ci sono filippini, americani, tedeschi e francesi. Sembriamo una barzelletta. La Guida n°1 appena ci ha visto ha iniziato a sorridere e inchinarsi, poi come nelle tipiche gite di classe ha fatto il giro dei sedili e ci ha contato, manco fossimo degli alunni sprovveduti da tenere a bada. Ci siamo tutti. Possiamo partire. “Uelca to Sanlais tul tudei ui uoch meni tempel e empera palas” (Benvenuti al Sunrise tour oggi vedremo molti templi e il palazzo dell’Imperatore) Ma è stupendo! Sembra di sentire Ciu Ci Ciao nel film Delitto al ristorante cinese. “Dis is chiasso” Chiasso? Ma non era in Svizzera? Vuoi vedere che siamo entrati in un portale spazio dimensionale e ci tocca comprare cioccolato e orologi? Il “Chiasso” di Kyoto, ovvero il Castello Nijō, come dice la nostra guida, è molto antico. È stato costruito nel 1601 per volere di Tokugawa Ieyasu, uno degli Shogun più famosi della storia giapponese. Nel Castello bisogna entrare scalzi, quindi mi raccomando indossate calze decenti e senza buchi sull’alluce. Guida n°1 ci fa subito notare che la caratteristica principale di questo sito Patrimonio dell’Unesco è il pavimento. Non è stato costruito con marmi pregiati o legni magici, ma semplicemente canta. Come un usignolo. Così in silenzio e tutti in fila abbiamo camminato ascoltando il gorgheggio delle tavole, che non assomiglia proprio al canto dell’uccello passeriforme, ma fa pensare più al lavoro fatto male da un posatore dell’Ikea. Ok, smetto di scherzare. Il pavimento del Castello Nijō fu costruito con questa peculiarità per difendere i residenti dagli attacchi dei ninja o di altri assassini psicopatici. L’idea venne all’architetto Itakura Katsushige, che se la tirava un casino. “Signor Tokugawa ho creato questo pavimento che suona. È una sorta di allarme naturale. Se una notte un killer dovesse camminarci sopra, si sentirà per tutto il palazzo un dolce ronzio, così le vostre guardie potranno subito scovare il bandito e farlo a fette” Tokugawa non andò mai più a urinare dopo mezzanotte. Poi chiamò il Signor Beghelli e si fece installare un bel Salvavita al collo. Però il pavimento è rimasto lì a testimoniare come vivevano male imperatori e shogun a quei tempi, sempre con quel timore di essere uccisi. I dipinti alle pareti sono attribuiti a Kanō Naonobu. Pare che questo pittore abbia disegnato tigri e pantere senza mai averle viste. Infatti sembrano delle scimmie con delle pellicce striate gialle e nere. :-P In giro nelle stanze del Castello dei manichini riproducono la vita di corte: ci sono i samurai inginocchiati al cospetto del capo, concubine in kimono che si sparano le pose, Hello Kitty menestrella che suona lo shamisen e… “Stop nau go tu anoder tempel” (Fermi. Adesso andiamo in un altro tempio) Ma come??? Siamo appena arrivati. Ci trattano come un gregge! Hai due minuti per fare tutto: Scendere dal pullman, foto, tradurre, trattenere la pipì e risalire sul pullman. “Dis is Mos Burger” (Questo è Mos Burger) Guida n°1 ci tiene a fare un po’ di marchette. Mos Burger è una catena tipo Mc Donald’s, ma molto più genuina. Almeno secondo lei. Ci consiglia di venire a mangiare qui se abbiamo strane voglie di panini e patatine, perché da Mos Burger non ci sono conservanti, estrogeni e coloranti: la mucca l’abbattono al momento! “Du iu laik ambuga?” (Vi piace l’Hamburger?) E’ tutto surreale. Ma verrai in Italia. Giuro che al posto del Duomo ti porto a vedere la pizzeria sarda sotto casa mia e te la spaccio per il Museo del Cenacolo Vinciano. Uno dei luoghi più suggestivi di Kyoto è sicuramente il Kinkaku-Ji, il famoso tempio d’oro. La foto icona è questa:Ma non crediate che sia semplice da scattare, perché qui c’è così tanta gente che esci pazzo e alla fine mandi tutti a quel paese e veramente vai da Mos Burger a mangiare, piuttosto che aspettare la luce giusta e che qualche cinese invadente si levi dall’inquadratura. Yukio Mishima scrisse un bellissimo libro sul Kinkaku-Ji, (Il Padiglione d’oro Ed. Feltrinelli) che racconta la storia di Hayashi Yoken, un giovane monaco balbuziente e con qualche problema posturale, che per ragioni personali incendiò il tempio. Non vi dico il bordello. Fu imprigionato per sette anni e detestato da tutti. Quello che vediamo ora fu ricostruito nel 1955 e ristrutturato negli anni 80. Non so chi ci sia a guardia del nuovo Tempio d’oro, ma se osi avvicinarti a una parete c’è un cecchino che ti spara delle frecce intrise di veleno e soia. “Scusi signora guida posso stare ancora un minuto, non riesco a farmi la foto?” “No! iz taim tugo” Guida n°1 è stupenda. Parla con enfasi dei cessi pubblici giapponesi e dei templi dando loro la stessa importanza. Questo è quello che ho capito mentre mi trascinava con impeto al pullman. “Se voi ometti dovete urinare ricordatevi di entrare dove c’è la figura del maschio attaccata sulla porta. Potete farla sia in piedi che seduti. Il Tempio d’oro Kinkaku-ji conosciuto anche come Rokuon-ji è stato costruito nel 1397 come villa per lo Shogun Ashikaga Yoshimitsu, il parcheggio dei bus si trova alla vostra destra, il nostro pullman è di colore beige, se sbagliate a prenderlo verrete venduti come schiavi, non date da mangiare ai giapponesi dopo la mezzanotte, i sacchetti igienici per le donne si trovano sotto il sedile insieme allo sconto del 10% per Mos Burger.”. E’ un po’ difficile godersi questi posti quando sei obbligato a rincorrere la Guida, capire il 50% di quello che dice e aspettare che tutti arrivino in orario al Pullman. Siamo polli in batteria e Kyoto piange perché lei è una poesia e odia essere calpestata da orde di turisti. Nessuno si sofferma a Kyoto. La divorano e le piange di nuovo. Guardo la città dal finestrino, vorrebbe regalarmi un Haiku e un ventaglio per l’estate, ma la mia guida rompe di nuovo il silenzio. “E’ usanza in Giappone vestirsi con il kimono durante le feste, ma quelle che vedete in giro per la città sono solo delle volgari straniere asiatiche che fanno le pagliacce” Poi con una punta di razzismo… “Sono tutte malesiane e cinesi che affittano nei negozi un kimono a ore e rovinano l’antica atmosfera che si respira a Kyoto” Tranquilli il peggio deve ancora arrivare: ci stanno portando a pranzo.In un angolo triste della città dove non c’è nulla, accanto a delle rotaie sorge il ristorante “da Kyoko” modesto locale su due piani dove poveri turisti sono obbligati a mangiare su tavoloni giganteschi. Il Menù comprende un’annacquata scodella di ramen dove galleggiano pelle e pezzi di pollo, una ciotola di riso scotto, un triangolino di ananas, uno spicchio d’arancia, uno sputo di verdure, carotine tagliate sottili come ostie e una bottiglietta di acqua liscia. Ho fatto il mio record personale di “seduta a tavola + rutto”: 39 secondi. Poi ho passato un’ ora a fumare vicino a una Vending machine. E ho bevuto qualsiasi cosa. Ho provato anche ad assaggiare i caffè freddi. Non ve li consiglio! Hanno un vago gusto di catrame.La mia amica Mia san dice che Kyoto è un po’ troppo vecchia per i suoi ritmi tokyesi. Qui però si respira un’aria più tranquilla, le persone sono meno stilose, ma non hanno l’aria da alienate. Al supermercato fanno più caciara, se hai freddo trovi sempre un negozio di foulard e se ti perdi la borsa te la puoi rifare con un furoshiki.Cambio della guardia. Alle ore 14:00 è arrivata la Guida n°2, una matta ottuagenaria con una spugnetta attaccata ad un’antenna. Non parla inglese, ma una lingua sconosciuta dell’Hokkaido e mima orgasmi porno soft. Per farvi un esempio: “Uelcambà mmh mmh” (Tradotto sarebbe: bentornati mmh mmh) “Biuti sakura mmh mmh oh oh oh” (Belli i ciliegi in fiore mmh mmh oh oh oh) “Kyoto like mmh mmh oh oh oh” (Kyoto piace mmh mmh oh oh oh”) I teenager americani non fanno altro che prenderla in giro. Poverina. Mi fa un po’ tenerezza. Però possibile che non ci sia una Guida normale in questo paese? Le trovo tutte io? (QUI la mia avventura a Tokyo) Guida n°2, nonostante l’età, è velocissima. In due ore ci ha fatto visitare il tempio buddista Rengeoin Sanjusangendo, dove non puoi fare manco una foto sennò i guardiani ti fulminano, il Kennin-Ji, uno dei più antichi templi zen della città, poi un altro di cui non ricordo il nome perché non capivo nemmeno più dov’ero e infine uno dei miei preferiti: il Kiyomizu-dera. Anche qui c’è un bordello disumano. (QUI la mia prima visita a questo tempio) Ci sono un sacco di cinesi impazziti vestiti a festa che si comprano qualsiasi cosa nei negozietti, le malesiane invece si mettono in posa ore per una foto e creano una lunga coda davanti alla fonte che porta gioia, fortuna, felicità, soldi, perdita di peso, abbassamento del colesterolo, morte della suocera e altre cazzate. La mia riserva di pazienza è finita quando Guida n°2 ci ha mostrato come comprare le bibite dalle macchinette. Dio, siamo in uno dei più importanti templi al mondo e tu non sai dirmi niente? Verso la fine dell’anno 700, Enchin, il solito monaco buddista, ma più sveglio di quello che aveva bruciato il Tempio d'oro, sognò un fiume dorato che scendeva dal monte Otowa. Aveva mangiato pesante. :-PQuando si recò sul luogo per vedere se almeno ci fosse un rigagnolo, trovò un anziano seduto su un ceppo che guardava i cantieri. :-POra la leggenda non è molto chiara, ma dopo che il vecchietto se ne andò, a Enchin fu detto che quell'uomo aveva 200 anni e che con quel ceppo di legno doveva intagliare una statua della dea Kannon con 11 volti e 1000 braccia.Un po' più difficile no?Ci lavorò per molti anni e solo quando incontrò il guerriero Sakanoue no Tamuramaro, che rimase colpito dalla sua dedizione e divenne il suo mecenate, riuscì a perfezionare l'immagine della dea. Tamuramaro fondò un tempio nel 778 per ospitare l'immagine di Kannon. Enchin era un monaco della scuola buddista Hosso, che insegna che la comprensione della realtà proviene dalla nostra mente, piuttosto che dall'esperienza empirica effettiva. A parte le pippe mentali, possiamo dire che Enchin e il guerriero Tamuramaro hanno fatto un bel lavoro. Mi sono lasciato alle spalle tutto. Le guide, i templi, la geisha, i souvenir. Ho abbandonato il mio gruppo e sono tornato in hotel a piedi. 52 minuti tra piccole vie e negozietti dimenticati dal tempo. Ahimè il mio ultimo giorno a Kyoto è finito alla stazione. Perché dovevo cambiare questo benedetto Japan Rail Pass. (QUI la mia avventura alla stazione)“Scusi gentile signorina che sta al di là del vetro dell’ufficio Ovest, ho sbagliato a cambiare il Japan Rail Pass, giuro che non l’ho usato, posso…” Alla parola – sbagliato – è suonato un allarme che ha fatto scendere dal cielo i quattro guardiani di Bhante Sujiva. La stazione è stata evacuata, i controllori si sono buttati sui binari, le hostess dei treni hanno cambiato sesso e tutti i bar hanno chiuso per lutto. “Va bene sciocco di uno straniero baffuto, noi possiamo cambiargli gentilmente il biglietto. Noi possiamo risarcirla di 1600 Yen, ma lei deve ricomprare il Japan Rail Pass. Costa 2000 Yen” “Quindi le devo solo 400 Yen” “No! Tu devi a noi 2000 Yen e noi dobbiamo a te 1600 Yen” “Fa 400 la differenza!” “No! Noi abbiamo debito con te di 1600 Yen e tu poi pagare a noi 2000 Yen!” Basta mi esce il sangue dal naso. Abbiamo dovuto fare questa pantomima. Io ho posato due banconote da 1000 Yen sul piattino, lei con freddezza me li ha mostrati, li ha riposti nella cassa e poi con aria severa ha appoggiato sempre sul solito vassoietto la banconota da 1000 Yen che le avevo appena dato e 6 monete da 100. “E’ stata molto cordiale signorina. Grazie per avermi offerto il suo aiuto, ma soprattutto per avermi fatto perdere 30 minuti per niente” “Si figuri sciocco di un turista che non sa leggere le date sul biglietto, la prossima volta vada in vacanza in Liguria, torni presto a trovarci onegaishimasu!” Ce l’ho fatta! Domani posso ripartire tranquillo. Kyoto chiude il sipario su un viaggio pieno di sorprese e momenti grotteschi. Potete ripartire da QUI. Io intanto mi godo il mio kakemono limited edition con l’Uomo ragno che venera i sakura. Io Kyoto la vedo così. Come un’eroina. Gtvb
Mori Seihan il sacerdote supremo del tempio dell'acqua Kiyomizudera di Kyoto ha rivelato il Kanji dell'anno è: san mitsu (密) che significa stretto/denso. Motivo di questa scelta è stata sicuramente la Pandemia causata da Covid-19. Mitsu è la prima parte di ogni parola legata alla prevenzione dell'infezione: da qui sanmitsu 三密. Assembramenti: Misshū 密集Luoghi chiusi: Mippei 密閉Contatto diretto: Missetsu 密接 Vi ricordate quello dell'anno scorso? Era Rei 令 Ordine/armonia e diciamo che non ha portato molta fortuna. Ma quali erano gli altri Kanji candidati? L'editore Jiyū Kokuminsha della popolare guida annuale di lingua Gendai yōgo no kiso chishiki (Basic Knowledge on Contemporary Terminology) ha pubblicato lo scorso Novembre la lista delle 30 parole candidate. Un comitato ha selezionato le finaliste commentando il forte peso che il virus ha avuto sul Giappone e sul mondo.Eccone alcune che ahimè hanno perso al foto finish. :-) あ つ 森 - Atsumori. Il gioco di simulazione della Nintendo Atsumare: Dōbutsu no Mori (Animal Crossing: New Horizons) uscito a Marzo 2020 durante il primo soft lockdown giapponese ha offerto ai gamers e non solo un modo per passare il tempo chiusi in casa. ア ベ ノ マ ス ク - Abenomasuku La carenza di maschere durante la prima fase della Pandemia ha spinto il ministro Abe a una forte campagna di distribuzione di mascherine su tutto il territorio giapponese provocando però forti critiche per via delle dimensioni troppo piccole. ア マ ビ エ - Amabie. Lo Yōkai (spirito soprannaturale) Amabie sirena a tre gambe con il volto da uccello è diventata uno dei simboli contro la lotta al Corona Virus.La leggenda sostiene che sia emersa dal mare nel XIX secolo e che fu avvistata da un pescatore. Fece una profezia dicendo che ci sarebbero stati buoni raccolti e che in presenza di virus sarebbe bastato mostrare un suo ritratto all'ammalato per farlo guarire. In Giappone è ita come logo ovunque. Paese che vai,superstizione che trovi. オ ン ラ イ ン ◯◯ - Onrain. Skype, Zoom, Messenger, Line, Whatsapp sono stati di supporto a riunioni, lezioni scolastiche, controlli medici, ma anche feste, cene ed eventi musicali gratuiti. E voi siete ancora in smart working? 鬼 滅 の 刃 - Kimetsu no yaiba. La serie Demon Slayer di Gotōge Koyoharu è diventata un fenomeno sociale in Giappone. Ha conquistato un pubblico trasversale e orde di fan e cosplayer hanno invaso i cinema ad Ottobre facendo guadagnare al film oltre 10 miliardi di Yen in solo 10 gorni. Chissà se Sailor Moon l'hanno mai candidata come parola dell'anno, devo andare a controllare. GoTo キ ャ ン ペ ー ン - GoTo kyanpēn. Quest' estate il Governo aveva lanciato la controversa campagna "Go To" sperando di rilanciare il turismo interno giapponese fornendo sussidi di importo variabile su viaggi, hotel, pranzi, causando forti critiche visto la facilità di diffondere il virus tramite gli spostamenti su mezzi pubblici e pernottamenti. Gtvb Foto cover Grazie @Nippon.com
Ve l’ho già detto che sono in un Hotel bellissimo a Nishi-Shinjuku che si chiama Keio Plaza e che mi sento un principe coccolato da gentilissime giapponesi? Ogni volta che alzo la cornetta del telefono in camera arriva subito qualcuno per esaudire un mio desiderio, ma siccome non riesco mai a capire cosa dicono ringrazio e chiudo la porta. Oggi Onitsuka Tiger mi ha regalato una guida. Ebbene sì una guida tutta per me, pronta per ogni mia richiesta. Non vedo l’ora. Spero conosca ogni segreto del Giappone e che mi sveli anche il mistero dello spettrale Tunnel Inunaki. È una galleria che si trova a Miyawaka, nella prefettura di Fukuoka. È uno dei luoghi più paurosi del Giappone, dove fu ritrovato il corpo carbonizzato di un povero ragazzo vittima di bullismo. Da allora è diventato meta di curiosi amanti del turismo macabro, ma non tutti sanno che mille anni fa qui si addestravano buddisti esoterici perché credevano che quel terreno fosse un ritrovo di anime perdute. Forse sto esagerando? Meglio chiederle dove posso trovare dei souvenir a buon mercato per le zie. Oggi è il mio ultimo giorno a Tokyo e mi sembra la fine del mondo. Ma sono certo che la mia guida personale riuscirà a renderlo indimenticabile. Ho appuntamento nella Hall alle 9 in punto, ma prima una bella colazione abbondante. Io non ho mai capito perché ovunque ci sia un buffet la gente “esce pazza”. Ho visto signore eleganti infilarsi nel décolleté Onigiri e padri di famiglia riempire di zuppa di miso gli zaini dei loro figli. Suvvia siamo a Tokyo mica nel Deserto del Gobi. Alle 8:50 eccomi ad attendere con trepidazione il mio cicerone. Mi hanno scritto nella mail che indosserà un cartello con il mio nome. E mentre scrutavo come un Terminator chiunque passasse sotto il mio naso eccola apparire dal nulla, come la maga Chappy. “Ciao sono la tua guida per Tokyo, piacere Yumiko, ti ho riconosciuto dai baffi, cosa vuoi vedere?” “Buongiorno Signora Yumiko” “Chiamami pure Yumiko san” “Ok” “Cosa vuoi vedere?” Che carina Yumiko san, assomiglia a Miss Pony di Candy Candy, parla molto bene l’italiano e indossa dei mocassini con l’Air sul tacco. È Guida ufficiale di Tokyo e Kyoto, ma con un pagamento extra ti può portare fino in Hokkaido e impegnandosi anche a casa di Sailor Moon. Ha una giacca marrone e appeso al collo il tesserino, peccato per il cartello con il mio nome: c’è scritto Gabriela. (manco fossi un’attrice di telenovelas messicane) “Vuoi andare al tempio Senso Ji?” “Sta parlando del tempio costruito nell’anno 645? Ogni anno, circa 20 milioni di persone visitano questo luogo dedicato alla dea Kannon! No, grazie. L’ho già visto!” “Vuoi andare alla Tokyo Tower?” “Quella costruita nel 1958 sulla copia della Torre Eiffel? Quella dipinta di bianco e arancione internazionale per rispettare le norme di sicurezza aerea? No, grazie. L’ho già vista!” Poverina. E’ diventata una guida frustrata in trenta secondi. E io spocchioso che cerco di rubarle il mestiere. Non sapendo cosa dire ha iniziato a raccontarmi dei centri commerciali fuori dalla stazione di Shinjuku. “Questo Grande Magazzino appartiene ad azienda di linea ferroviaria e vende prodotti tecnologici” “Interessante!” “Questo invece è pieno di ristoranti e negozi dove fare shopping” “Me lo segno subito sulla mia agendina” “Domani tu prendi Shinkansen Nozomi per Kyoto giusto? Sai cosa vuol dire Nozomi?” “No! Posso comprare una vocale?” “Non vuol dire vocale, significa speranza” “Guardi che era una battuta” Devo smetterla di fare il borioso. Solo che non capisce nemmeno il mio umorismo. Yumiko san cammina veloce, meno male che indossa un foulard fucsia in testa, così riesco a visualizzarla nel delirio della stazione di Shinjuku. “Dove vuoi andare allora?” “Mi piacerebbe visitare un museo” “Non preferisci andare ad Akihabara? “ “No!” “Ma ci sono le ragazze del Maid Caffè” “Non m’interessano” “Hai qualche domanda da farmi?” “Sì…perché secondo lei delle ragazzine si devono mortificare vestendosi da cameriere sexy facendo dei versi da gatto in un bar?” “Non so, questo è molto strano anche per me” Abbiamo scelto insieme il Tokyo National Museum. Perché dice che ci sono un sacco di cose interessanti sulla storia del Giappone e perché è stato progettato da un famosissimo architetto. “Questo è stato progettato da grande architetto francese…Le Corocorgiè” “Guardi che il National Museum of Western Art che è stato progettato da Le Courbusier!” “Sì quello!” Iniziamo bene. “Io faccio guida anche per i francesi” “Io invece sono Catherine Deneuve” “Ma non eri GabrielA?” “Era una battuta!!!!!” Ad accoglierti all’ingresso del Museo ci sono due Mascotte: una ragazzina vestita di rosa con una foglia verde in testa e una sorte di pene color nocciola! Voglio conoscere chi ha disegnato questi due personaggi, ma soprattutto chi ha accettato che diventassero i simboli di uno dei musei più importanti del Giappone. Il Tokyo National Museum o come lo chiamano qui Tōkyō Kokuritsu Hakubutsukan è diviso in cinque padiglioni espositivi, tutti diversi tra loro. Contiene oggetti, manufatti, stampe, ventaglietti e tante statuine di Budda. ll Buddismo arrivò in Giappone nel VI° secolo dopo Cristo dalla Cina, che lo avevo adottato dall’India. Ma ad attenderlo c’era Hello Kitty che distrusse tutti i buoni propositi dell’illuminato paffutello e lo trasformò in un prodotto cross media. Ora puoi trovare anellini, cover del telefono, cartoni animati, fumetti, pasticcini, adesivi, pupazzetti e quant’altro tutti dedicati a Siddhārtha. Io sono appassionato dei Kakemono ( o anche chiamati Kakejiku) che sono dei delicati dipinti che si appendono al muro e che in caso di trasloco puoi arrotolare comodamente. La mia nervosa guida me li ha tradotti così: “Ti piacciono? Sai come si chiamano? In italiano direste scorrimento pensile” “????” “Hai capito?” Io ne ho a casa uno, molto carino con disegnato un topino e una lunga scritta. Me lo ha regalato un mio amico, che lo ha comprato in un paese sperduto in Giappone. Dice che è molto antico e che lo ha pagato un sacco di soldi. Perché lo ha dato a me? Perché sua madre è molto religiosa e pensa che quelle scritte siano dei rituali demoniaci per far apparire portali infernali e permettere a Lucifero di arrivare sulla terra. Io l’ho appeso all’ingresso. Speriamo che Belezebù bussi prima di entrare. :-P Il Tokyo National Museum riempie gli occhi. C’è tutto quello che vorresti vedere del Giappone antico. Si contano qualcosa come 11.000 oggetti fra armature di Samurai, maschere del teatro Noh, katane, piattini, pettinini, gioielli, statuine, bicchieri, teiere, tric & trac, bombe a mano e magliette di Maradona. :-P Qualche Natale fa avevo regalato a mia madre un prezioso portagioie giapponese rosso con incastonati fiori e foglie in madre perla. Lo avevo pagato un occhio della testa e il negoziante mi aveva detto che era appartenuto alla sorella del cugino della moglie dell’Imperatore. Ora credo che sia in cantina ad ammuffire sepolto sotto il Presepe e la collezione di Vhs della Storia della Seconda Guerra Mondiale. L’estetica giapponese è veramente capace di provocarti la Sindrome di Stendhal. Poi però c’è sempre una Guida che arriva a salvarti. “Qui c’è saletta con collezione dei gadget del cugino dell’Imperatore” “Sta scherzando vero?” “No, lui è morto” “Poverino” “Loro hanno messo qui?” “C’è la mummia del cugino del re?” “No, collezione dei suoi tesori” I cinque nomi dei padiglioni del Tokyo National Museum sono uno sciogli-lingua: Honkan, Toyokan, Hyokeikan, Heiseikan e Horyu-ji Homotsukan. Il mio preferito è il The Gallery of Horyuji Treasures, perché ha un’architettura iper moderna, ma al suo interno racchiude oggetti antichissimi, appartenuti al Tempio Horyuji di Nara. “Ti piace museo?” (Che odio quando ti fanno queste domande scontate che presuppongono risposte positive.) “È molto bello” “Vuoi visitare sala Kimono che è molto interessante e ti fa capire tante cose di questa cultura millenaria” “Sono passate tre ore, direi che sono a posto” “Hai domande da farmi?” “ “Se una signora inciampa con il kimono poi riesce a rialzarsi?” “Questo me lo sono chiesto anch'io, ma non ho mai visto” Sta impazzendo! Vorrebbe raccontarmi diecimila cose, ma non riesce a trovare nessun argomento. Mi sa che sto tirando la corda. "Vuoi farti foto davanti a scodella di ramen?""Vabbè se ci tieni..." “Sai quanti abitanti ha Tokyo?” “Più o meno 14 milioni?” “E in quante zone è divisa?” “23” “Vabbè allora infila biglietto qui…” Infastidita dalla mia aria da sapientino ha passato tutta la giornata a dirmi dove ficcare il biglietto della Metro e a tradurmi i cartelli. “Ricordati di stare a sinistra sulle scale mobili” “Ok!” “Lascia libero il passaggio a destra” “Ok” “Non parlare al cellulare in carrozza metro” Da Miss Pony si è trasformata in quella scorbutica della Signorina Rottenmeier. “Hai domande da farmi?” “Lei è religiosa?” “No! Molti giapponesi si ricordano di religione solo a capodanno, funerale e matrimonio. Vuoi che ti porto altro Museo?” “Andiamo a quella dello fotografia!” Altro giro, altra corsa. Siamo finiti ad Ebisu, uno dei quartieri più alcolici di Tokyo. Non a caso c’è il Museo della Yebisu beer. “Conosci questa zona? Vuoi farmi domande? “ “Certo! E’ nota per la birra!” “Come lo sai?” “Camminano tutti dondolando” “Chi?” “Era una battuta!!!! Il Garden Ebisu Center è una specie di centro commerciale con palazzoni altissimi e un parco finto per passare una bella domenica con gli amici finti. :-PLa mia Guida non ha saputo consigliarmi un ristorante decente e per punizione mi ha fatto assaggiare un panino special di Burger King. Il Museo della Fotografia è sicuramente una meta che non devo mancare se venite a Tokyo. Soprattutto perché le guide non sono accreditate. :-P Dai scherzo! Mentre Yumiko mi aspettava seduta su una poltrona io mi perdevo fra le immagini di Shimooka Renjō, uno dei primi fotografi professionisti giapponesi. Poi preso dal senso di colpa sono uscito, perché non volevo far aspettare troppo la mia Guida. Siamo stati insieme tutto il giorno, appiccicati come due sardine. Lei tentava in tutti i modi di rendersi utile, ma io facevo resistenza, forse perché in fondo la invidiavo. Credo che far scoprire a uno straniero la bellezza del proprio paese, raccontargli ricordi e storie buffe sia uno dei lavori dei sogni. Yumiko mi ricorda una mia zia scorbutica, che però vuoi sempre vedere, perché sai che ha sempre qualcosa da offrirti, oltre che alle caramelle Rossana e alla Coca Cola sgasata. E così appena mi ha visto uscire dalla mostra mi ha sorriso, forse aveva capito le mie buone intenzioni. Forza Yumiko, dai il meglio di te. “Dove vuoi andare adesso?” “Mi piacerebbe visitare Harajku, non l’ho mai vista!!” (che falso che sono!!!!!!!) “Io ti porto, così ti faccio vedere la via dove stanno le ragazze vestite strano come Cosplay e tutti i negozi alla moda” “Che bello! Non vedo l’ora!!!!” “Dietro Harajuku c’è il tempio Meji Jingu Mae che è molto interessante e sta in mezzo al parco di Yoyogi” “Non lo sapevo!!! “ “Poi puoi visitare Omotesando che ci sono tante marche italiane…tu compri marche italiane?” “Come no! Sono sempre all’Oviesse!” “E’ stilista famoso?” Durante il viaggio in treno, ci siamo raccontati un po’ la nostra vita. Mi ha detto che le sue scarpe sono dell’Asics, che ha una linea classica, ma con tecnologia sportiva, che prima faceva l’insegnante di lingue, ma ora preferisce parlare del suo paese agli stranieri. Sembravamo degli amici di vecchia data. Il suo tempo è scaduto alle 17. Proprio davanti alla Stazione di Harajuku. “Allora io vado” “Non vuoi rimanere ancora qualche minuto? Ti offro un caffè” “Io devo andare. Grazie e buon viaggio a Kyoto. Ricorda di vedere tempio d’oro!” E senza neanche voltarsi è sparita fra la folla. Gtvb