Oggi ho deciso di tornare sulle mie tracce, anzi no, su quelle della mia amica Lady Disturbia, nota per aver trattato male tutte le commesse del triangolo dello shopping Shibuya – Omotesando – Harajuku.
Il Giappone è un paese libero? Me lo chiedo ogni volta che inseguo il mio amico Marco, che non fa altro che passare le sue serate a trangugiare al conbini bevande di dubbia provenienza e piene di zuccheri sintetici. Qui a Tokyo puoi essere quello che vuoi, vestirti come ti pare e piace e dare sfogo a qualsiasi perversione. Il mio vicino colleziona mutande. O almeno credo. E’ da tre giorni che stende solo quelle. Manco una maglietta, uno straccetto per la polvere, lava solo mutande. Il fatto è che sono da donna. O è un collezionista feticista oppure nella divisione dei ruoli di casa a lui spettano le lavatrici. Lo sto spiando manco fossi un assistente sociale. Quando torna a casa ci mette un’ora per parcheggiare nel posto auto privato sotto il suo balcone. Lo fa lentamente, per non disturbare. Sembra una scena alla moviola. Quando scende dalla macchina, resta fermo a guardare i parafanghi, li osserva con attenzione. Credo che nella sua mente immagini che siano curve femminili da adorare e toccare. Culetti attaccati alle ruote che proteggono la sua Mini Cooper nuova di zecca. Ogni tanto si guarda intorno e poi come se fosse un mago, tira fuori dalla borsa un gigantesco panno bianco e inizia a lucidarla. Infine la cosa più allucinante: la bacia. Sì, proprio sullo specchietto, dove si spiaccicano i moscerini e cadono le merde di corvi, che qui a Tokyo sono grandi come Labrador e non vi dico che disastro se vi cagano sulla spalla. Ma lui è attento a queste cose, così prima di baciarla, lava con un detersivo non abrasivo la superficie. Poi alla fine copre la sua amante a 4 ruote con un lenzuolo e si fuma una sigaretta. Che carino. Cioè che matto. Va bene che c’è gente che fa l’amore con l’aspirapolvere, ma vedere queste cose dal vivo è un po’ agghiacciante. Per me.è diventata una telenovelas, quindi so che alle 9 di sera, se sono a casa, posso guardarlo pomiciare con la sua auto. Nel paese delle regole, la sua trasgressione maggiore è accendersi una Marlboro alla menta lontano dalle smoking area e uscire pazzo per la sua auto e le mutande. In Giappone c’è la pena di morte. In Giappone è maleducazione limonare duro con la fidanzata ed è quasi sempre obbligatorio togliersi le scarpe nei camerini dei negozi. In Giappone è severamente vietato fotografare i passanti e ogni tanto vengono arrestati ladri di mutandine. Però dal punto di vista estetico è libero. Ecco. La mia amica Mia San dice che quando vede la gente vestita “stravaganza” pensa che siano scemi. Ma siccome è educata non lo dice a voce alta. Nel Sol levante nessuno ti dice niente. Allora vestiamoci da pagliacci e usciamo a lanciare sorrisi! Finalmente potrò indossare le mie scarpe fluorescenti senza che nessuno cambi strada, i bambini si esalteranno per la mia t- shirt di Doraemon da quindicenne e le nonnine s’inchineranno in segno di ammirazione davanti al mio kimono rosa. Vorrei vivere qui, anche se sono un po’ perplesso. Bisogna lavorare tantissimo, non soffiarsi il naso, pagare le tasse e non urlare. Certo, lo sforzo ne varrebbe la pena. Sarei invisibile, ma appariscente solo per i miei accostamenti cromatici. Sarei silenzioso, urlando al mondo il mio stile. E cosa succede nei paesini? Ma chi se ne frega! Guardate chi ho beccato a Shibamata, un quartiere “borghetto” carino a est di Tokyo, dove tutto sembra essersi fermato a 100 anni fa. Non è un’anziana che si sta sistemando i gambaletti, ma è un uomo! Sì, un uomo! Intento a maneggiare i suoi gioielli nei mutandoni di pizzo, perché spuntavano da sotto la gonna. 😛 Shibamata è un fiorellino nel grande ginepraio che è Tokyo. Situata nel quartiere nord-orientale di Katsushika sul fiume Edo, qui si respira nostalgia e meraviglia, l’aria è veramente retrò. E pensare che a mezz’ora di treno c’è quel carnaio di Asakusa con i suoi turisti predatori che assaltano i mille negozi di souvenir. Qui no. Qui si sta bene. Sembra sempre domenica pomeriggio. E io ci ho passato la Pasqua con il mio amico Michele e la sua famiglia. Dalla piccola stazione si arriva quasi subito in quello che potremmo considerare il budello, perché per me Shibamata è come un borgo. Ad accogliervi c’è la statua di Kiyoshi Atsumi aka Tora-san, un attore famosissimo in Giappone, che ha interpretato un vagabondo sfortunato in amore nella serie di film Otoko wa tsurai yo (È dura essere un uomo) durata per ben 26 anni. Con la morte dell’attore, il regista ha deciso di chiudere la romantica storia di Tora-san lasciando i fan orfani delle sue avventure. Shibamata gli ha dedicato, oltre che alla statua, anche due musei. Poi con questa storia dei musei si sono fatti prendere la mano e ne hanno aperto uno sulla storia locale e un altro sui giocattoli vintage, che ricorda molto la casa della mia prozia di Como, con i mobili anni 50 e i soprammobili demodè. Entrare costa qualche centinaio di yen, non urlerete dalla gioia, però sono sicuro che il vostro cuore si aprirà di fronte a questo Mazinga anni 80. Si cammina in strette viette fra piccoli ristoranti caratteristici, ognuno ha un ricordo di Kiyoshi Atsumi, una foto appesa alla cassa, un aneddoto da raccontare. Shibamata è un set a cielo aperto, dove tutto è rimasto cristallizzato come nel film. Non si sa mai, Tora- san potrebbe sempre ritornare. C’è anche un tempio, perché va bene mangiare e fantasticare di essere nell’era Showa, ma bisogna anche elevare lo spirito. Ci pensa il Taishakuten Daikyoji, che troneggia alla fine della piccola shopping street. Il suo giardino in stile giapponese vi fa venire voglia di abbonarvi alla rivista “Piscine & Giardini” anche se sarà praticamente impossible riprodurre tale bellezza. A chiudere la gita, un giretto sul fiume Edo con la tradizionale barca (yagiri no watashi), che potete anche evitare, visto che ci ci sente poco stabili su quelle bagnarole condotte da anziani signori, ma secondo me provare l’ebrezza di finire in acqua è pur sempre un’esperienza. Sapete nuotare vero? Io mi faccio un sacco di domande quando sono in Giappone, domande profonde, perché è un paese che mette a dura prova. Vago fra la malinconia e l’euforia come un ciclotimico qualunque. Ma dietro l’angolo c’è sempre qualcosa che mi sorprende e che mi fa capire che in questo paese potrei starci bene. Soprattutto indossando delle Vans tarocche cinesi al gusto di anguria! 😛 GiapponeTVB
Solo una volta all’anno, caro mio devoto umano, potrai vedere sfilare il mio grosso membro. A me chiederai pace e armonia. E vibrerà il tuo perineo sotto lo yukata, sfiorerai con le labbra il mio bocciolo e di notte suderai nel futon pensandomi rinchiuso al tempio.Sembra l’incipit di una novella erotica orientale. Rewind. Una volta all’anno i giapponesi celebrano il pene con un Matsuri. Ecco. 😛 Matsuri è il termine per indicare una festa tradizionale, un evento che attira nelle strade e nei parchi centinaia di persone, così dice Wikipedia. Finalmente i miei clienti abruzzesi sono arrivati all’aeroporto di Narita. Gonfi di jet lag e stanchi come somari da soma, li ho fatti riposare pochissimo, giusto il tempo di una doccia. Abbiamo cenato vicino all’hotel e nel frattempo gli ho raccontato di come i giapponesi si divertono durante i Matsuri. “Ci piacciono molto le feste tradizionali” “Sono molto contento. Io e Mia san abbiamo scelto di portarvi domani al Kanamara Matsuri perché ci sembrava qualcosa di originale” “E cosa festeggiano?" “Un cazzo!” “Come? Non festeggiano niente?” Considerato il Festival della fertilità, il Kanamara Matsuri è una processione dove al posto dei santi vengono trasportati tre giganteschi “falli”: uno di legno, uno di ferro e uno tutto rosa.Questa celebrazione porta bene alle relazioni coniugali, al business e ai bambini. Ma il messaggio che questo Matsuri promuove con orgoglio è l’inclusività. Ci sono un sacco di televisioni straniere e giornalisti impazziti che urlano “penis” e “cool” ogni trenta secondi. Intorno a noi orde di persone si accalcano per vedere il grande “fallo rosa”, ma soprattutto si fanno immortalare mentre leccano chupa chups a forma di pisello. Non c’è niente di spirituale: è la festa della fellatio. Forse come primo approccio al Giappone non è stata una bella idea. E invece, tempo zero i miei clienti si sono fatti prendere dall’euforia generale e hanno iniziato un vivace confronto su quale sia la lunghezza giusta del pene, perché è vero il detto: non grosso che otturi non lungo che tocchi, ma duro che duri. Mia san è rimasta scioccata davanti al Mikoshi, il sacro palanchino, che trasporta l’enorme membro rosa. “Mia san cosa urlano quelli che portano in giro il fallo?” “Io non posso dire” “Ma siamo circondati da cazzi volanti, anche se dici quella parolaccia non si scandalizza nessuno” “Parola cattiva” “Dicono per caso cazzo?” “Anche…” “E poi?” “Altra cosa…” “Devo indovinare come alla ruota della fortuna o me lo dici entro sera” “Entro sera…io mi vergogno!” “Ma ci pagano per spiegare certe cose” “Puoi dire che televisione giapponese non viene perché questa festa è un po’ piccante” In effetti siamo circondati da occidentali, che sembrano divertirsi come matti. Il Kanamara Matsuri si tiene a Kawasaki nel Santuario di che si trova all'interno del Santuario Wakamiya Hachimangu. Questo luogo è dedicato a Kanayama Hiko no Kami e Kanayama Time no Kami, una coppia di dei protettrice dei fabbri, delle miniere e della sessualità. Ecco perché la sua festa principale ha come tema l’armonia dei coniugi e la benedizione dei bambini. Ma con il tempo o forse perché Kawasaki è veramente una città “avanti” il festival ha invitato tutti a godere della protezione degli dei a prescindere dall’identità e dalle preferenze sessuali di ognuno. Kanamara Matsuri può definirsi un Festival che promuove un mondo senza discriminazioni. Nei primi anni del periodo Edo (1603-1868) Kawasaki era una tappa dove ci si fermava a riposare lungo la Tokaido, la strada che collegava Tokyo con Kyoto. Le signorine che lavoravano nelle locande come cameriere o prostitute, ogni sera andavano a pregare al Santuario. Speravano di non beccarsi malattie veneree e di avere un pochino di fortuna, perché si erano rotte le ovaie di servire quegli spocchiosi dei samurai e di fare happy ending per pochi soldi. Negli anni, oltre a loro, molte altre persone iniziarono ad arrivare qui per chiedere protezione dalle malattie sessualmente trasmissibili e la comunità di fedeli capì che oltre a promuovere il sesso protetto, doveva celebrarlo alla luce del sole, senza vergogna. Poi si sono fatti prendere la mano e oltre ai sobri peni di legno e di ferro hanno fatto sfilare il più divertente e Kawaii pene rosa, chiamato Elizabeth Mikoshi, perché donato dal club Elizabeth Kaikan di Tokyo. Chi lo trasporta si deve travestire: gli uomini da donna e viceversa. L’ultimo pistolino a sfilare è quello di legno, il più vecchio fra i tre. Fiero e arzillo su di lui ci salgono tutti per fare la foto ricordo. Secondo una statistica fatta dalla città di Kawasaki, questo Festival attira più di 30.000 persone di cui il 60% proviene dall’estero. Quindi aveva ragione Mia san, forse i giapponesi un po’ si vergognano. Un’altra leggenda di questo strampalato Matsuri narra che quando gli abitanti di Kawasaki festeggiavano la terra nei primi giorni di Aprile, si sedevano vicino ai germogli di bambù, sperando che Madre Natura donasse ai loro corpi la stessa forza vitale di questo arbusto.Non a caso è famoso per piegarsi e non spezzarsi. Ed è anche buono con i funghi e il pollo. :-P GiapponeTVB Kanamara Matsuri 1 domenica di Aprile – Kanayama Shrine – Kawasaki (Tokyo) In alternativa c’è l’Honen Matsuri 15 Marzo –Tagata Jinja – Komaki (Nagoya)