In Giappone qualsiasi cosa ha una Mascotte. Le città, la farmacia, un evento, persino il carcere ha un pupazzetto carino che tiene a bada i violenti detenuti
Sono sette le prefetture in stato di Emergenza Corona Virus in Giappone: Tokyo, Kanagawa (Yokohama), Chiba, Saitama e l'area metropolitana di Osaka, Kobe e Fukuoka
Se volete incontrare “otaku da morire”, nerd di provincia, italiani con la sindrome di Peter Pan, sbarellati per i videogame e invasati per le lolite Akihabara è il posto giusto
La mia compagna del liceo era pazza di lei, talmente pazza che a un certo punto si faceva chiamare Sailor Carolina. E non rispondeva alla professoressa se non pronunciava correttamente il suo nome
Dopo la gita a Nagatoro, la nostra amica giapponese ci ha regalato una giornata alle terme. Io e la Piera siamo felicissimi. Lei un po’ meno visto che è piena di tatuaggi. Come andrà a finire? Buona lettura. “Mia san come hai detto che si chiama questo paese?” “Perché vuoi sapere?” “Giusto per registrami sul sito della Farnesina” “Ci fermiamo ad Hagure Station conosci?” “No, ma fa rima con sciagure!” Siamo partiti da Nagatoro nell’ora in cui gli studenti uscivano da scuola. Sul treno c’era una puzza di pubertà e di “dopo l’ora di ginnastica” che la lettiera usata da un gatto in confronto è acqua di colonia. Non c’è un bel cielo, tutto intorno sembra fermo al 1978. Però l’atmosfera non è male. C’è la natura incontaminata, piccole case sparse qua e là e pochissime auto. Forse abbiamo fatto un salto temporale. “Aya, ma è stupendo. Ci hai portato in un complesso da ricchi. C’è anche la barca” “Non è questo. Noi dobbiamo camminare più sopra” “Ci hai portato in un ryokan con l’onsen privato. Grazie mille non dovevi” “Non è questo! Noi dobbiamo camminare più sopra” “Ma che carina. È una casa con i tetti azzurri e ciliegi rosa. Come sei romantica Aya” “Non è questo. Noi dobbiamo camminare più sopra” La prima a spazientirsi è stata la Piera. La mia compagna di viaggio ha scoperto che qui non c’è nulla da comprare. Nessun negozio, manco un piccolo Uniqlo nascosto nel bosco. Però c’è la riserva delle scimmie, un laghetto e un mini campo da golf per i più ricchi della vallata. “Ecco noi siamo arrivati” “Piera sembra un istituto d’igiene mentale” “Shining!” È un hotel frequentato da ultraottuagenari. Gli unici occidentali siamo io, la Piera e forse dei rotoli di carta igienica di marca tedesca. Forse. Alla reception ci tengono circa mezz’ora. Le signorine scrutano i nostri documenti e poi parlano con Mia san. Questo siparietto va avanti per mezz’ora. “Scusa Mia c’è qualche problema?” “No. Loro spiegare come fuggire se brucia” “Cosa?” “Hotel!” “Ma perché?” “Forse perché qui molti anziani fumano e loro spesso si addormentano con sigaretta accesa” Piuttosto che vietare il fumo, mi sembra logico insegnare tecniche di evacuazione a degli anziani tabagisti che fanno fatica a deambulare. Ci fosse qualcosa di ignifugo. Qui è tutta moquette, legno e carta di riso. Moriremo, me lo sento! Meno male che la nostra stanza è pulita e spaziosa. Ha una vista magnifica sulle colline, il porta dentiera, il catetere di ricambio e un piccolo kit di pronto soccorso. C’è anche una pallina per terra legata alla porta per il massaggio plantare!“Noi mangiare alle 7 in ristorante per terra” “Vuoi dire al piano terra?” “No, mangi per terra” “Come i cani?” “Sì, ma non dentro ciotole” Che Budda fulmini chi ha inventato questa usanza. Mangiare per terra non è una bella esperienza, se non sei abituato ti vengono subito i dolori della vecchiaia. Le rotule vanno per conto loro, la schiena si sbriciola e la cervicale inizia a suonare come una sirena. “Mia san a te piace mangiare per terra?’” “No!” “Indossare lo Yukata?” “No!” “Il Kimono?” “No!” La cena viene servita su un grande vassoio pieno di piatti e piattini. Ci sono un sacco di verdure, riso bianco, salsine, carotine, e altre cose che finiscono in “ine”. Non tutti i sapori allietano il mio palato ormai assuefatto alla soia, ma siccome questo sarà il mio ultimo pasto, visto che moriremo bruciati per colpa di qualche nonnino, meglio approfittarne. “Noi ora fare Onsen’” “Ma ho appena cenato” “Onsen si fa nudi” “Lo so. Nel caso posso usare la mia coda di Sirena e cantare - In fondo al mar?" “Voi avete tuttù?” “No, il tutù l’ho dimenticato a casa” “Tu tuttù finto?” Dopo venti minuti… “Ah! Intendevi tatuaggi?” “E io che ho detto?” Così la mia amica Piera ha dovuto svelare il suo torbido segreto. Chiusi nella nostra bellissima stanza con vista mozzafiato ha mostrato la sua schiena, facendo cadere lentamente lo yukata, quasi al rallentatore. Una scena super sexy. Però io posso solo farvi vedere la vista mozzafiato.Sì, lo so, non sono le Dolomiti, però c'è un ponte alla vostra destra: l'unica attrazione turistica della vallata. :-P “Cosa dici Mia san, ho troppi tatuaggi?” “Noi potremmo coprire con cerotti e per gli altri non ti preoccupare, sembrano righe” “Veramente sono citazioni colte di poeti e scrittori” “No, righe come donne” “Non capisco” “Come le chiamate voi le righe di pelle” Dopo venti minuti… “Ah! Intendevi le smagliature!” Non vi dico la Piera come si è offesa! Le ho lasciate mentre cercavano di camuffare la gigantesca Peonia con del fondotinta waterproof.Io e le mie ciabatte numero 38 color cadavere siamo pronti per questa nuova esperienza. Lo spogliatoio dei maschi è un po’ datato, i pavimenti sono color dentifricio anni 70, le panchine sono consumate dal tempo e i ventilatori fanno un casino della Madonna. Le vasche termali sono due. Grandissime. Ma regola dell’Onsen giapponese è lavarsi prima di entrare. Bisogna sedersi su dei seggiolini ( oh mio Dio chissà quanti sederi l’avranno toccato!!) e strinarsi per bene ogni parte del corpo. Ci sono 6 clienti. 4 sono in una vasca e 2 nell’altra. Mi hanno guardato come se fossi un bonobo peloso e pieno di pulci. Ho sorriso e mi sono immerso nella vasca meno affollata, ma per qualche motivo a me sconosciuto i due vecchietti si sono alzati massaggiandosi i genitali scrupolosamente. Vabbè. Cosa vuoi che sia, forse sarà la timidezza. “Buonasera” Nessuna risposta “Konbanwa” Mi fanno un breve cenno con l’occhio di vetro. Facciamo la prova del 9. Sono uscito dalla vasca, tipo la Venere di Botticelli, coprendo il mio intimo con dei capelli finti, e mi sono immerso insieme a loro. Tre, due…uno. Lo sapevo! Sbofonchiando hanno abbandonato le terme, sicuramente infastiditi dalla mia invadenza occidentale. Mi hanno lasciato solo, manco un sorrisino. Nulla. Bene ora posso gridare e giocare come un pazzo, sbattere i piedi, fare le bolle con la bocca e schizzare acqua sui vetri. Chi se ne frega dell’inclusione, fanculo razzisti. Sono il re delle terme!!!! È una sensazione bellissima, senti calore ovunque, i pori si allargano e tutte le impurità scompaiono, i muscoli si rilassano e lo stress affoga a 40°. Poi vedi le stelle. Giuro. Le terme giapponesi sono uniche al mondo. … L’inserviente dell’hotel è entrato dopo due ore allarmato dalle mie amiche. Mi hanno trovato per terra di fianco ai doccini.Ve l'avevo detto che sarei morto. Gtvb
Il Giappone ha il più grande e insaziabile mercato del sesso. Non lo direste eppure thailandesi, filippine e malesi finiscono sotto inganno nelle mani della yakuza. Kabukichō, il quartiere a luci rosse di Tokyo, Minowa la zona delle soapland, Roppongi dove regna il lusso. Tutte zone calde che all’occhio del turista sembrano divertenti Luna Park. Il numero stimato delle donne risucchiate nel vortice dei “club per adulti” si aggira intorno alle 150.000, il guadagno ha superato il trilione di yen, che non oso neanche immaginare quanti soldi siano. “Dove mi porti oggi?” “Cara amica spendacciona siamo stati invitati ad una cena di compleanno” “Ma io non conosco nessuno a Tokyo” “Che te frega, c’imbuchiamo!” In effetti non siamo stati invitati, però ho bisogno di avere una vita sociale. L’importante è portare un regalino per il festeggiato e far finta di essere amico della comara della madre della sua ex vicina di casa. “Sai dov’è la festa?” “A Kabukichō” “Sembra il nome di una marca di polli allo spiedo” Mia san non vuole che andiamo in questa zona di Tokyo, dice che ci sono le signore cattive. Che ingenua. “Voi stare attenti, loro vi fanno entrare nei locali e poi tolgono soldi” “Mia san perché dovrei entrare in un bar del genere?” “Perché fanno festa lì” “Magari è un locale diverso” “Voi attenti a streghe” “Ma non sono loro il problema” Vabbè cosa comprare ad uno sconosciuto che non sa neanche della tua esistenza, che non ti ha invitato e magari a pelle ti sta pure antipatico? “Io opterei per una maglietta” “Non so neanche com’è fisicamente” “Una sciarpa?” “È fuori stagione” “Se vuoi ho in valigia del caffè sfuso” “????” Il ritrovo è davanti alla statua di Hachiko a Shibuya, uno dei luoghi più affollati di Tokyo. Pensavo fosse una cena intima fra amici e invece siamo in 32. Italiani single, giapponesi innamorati di italiane, arabe, francesi e persino un’iraniana, sembra di stare in una classica barzelletta c'era un inglese un tedesco e... Dopo aver preso la metro per andare a Shinjuku, abbiamo perso tre o quattro persone per strada. “Scusa festeggiato volevo presentarmi: mi chiamo Gabriele e volevo porgerti i miei migliori auguri” “Grazie” “Per curiosità, posso sapere dove festeggeremo?” “Alla grande maiala” “È il nome del ristorante o il menù?” Il locale è al sesto piano di un palazzo mal messo. Assomiglia a un club di scambisti anni ottanta, con le tende di velluto rosso e i tavoli con le gambe a forma di arto femminile. I maiali non si sprecano, sono ovunque. Nei quadri, nei sottobicchieri e ricamati sulla tovaglia.Infine c’è questa enorme statua a forma di porcellona alta due metri che gira al centro della sala, sotto un enorme palla da discoteca, che t’incanta e ti spaventa, ma solo perché se dovesse cadere ucciderebbe metà dei clienti del ristorante. Siamo stati invitati e non possiamo lamentarci dell’arredamento, siamo mica interior designer. Abbiamo pagato 2300 Yen per un menù “All you can eat” a buffet. Il tavolo è molto ricco e sopra ogni pietanza c’è una bandierina che ricorda la nazionalità del piatto. A voi la scelta: - Insalata di gamberetti (Italia) - Tartina molle con e salmone (Inghilterra) - Kimchi (Korea) - Riso bianco (Ospedale Fatebenefratelli) - Zuppa di cadaveri (Korea del Nord) - Polpettine (la bandierina era caduta dentro il vassoio quindi dovete chiedere a quello che si è strozzato) - Marshmallow affogati al cioccolato (invenzione della mia amica Piera) - Gelato (Bandierina color arcobaleno) - Frutta un po’ ammaccata (Brasile) - Bagno (in fondo a destra) C’è qualcosa di malinconico in questa festa. Gli invitati sono così carini e gentili. In effetti sono la cosa più vicino a una famiglia. Si scambiano sorrisi, abbracci e pacche sulle spalle. Sono tutti lontano dalle loro città e ritrovarsi tutti insieme in questa città che ti ingoia e risputa ogni giorno e quasi una salvezza. “Piera invece di fare il bagno nella fontana di cioccolato non puoi stare con me a socializzare?” “Zitto che è un mese che mangio robe alla soia. Voglio farmi venire il diabete mellito” Si spengono le luci. Meno male, così non vedo la mia amica spalmarsi di cioccolata ovunque. Dovrebbe arrivare la torta in teoria, alle feste si usa così. E invece ecco apparire sul piccolo palco in fondo alla sala una ragazza in mutande e reggiseno, con una rosa in bocca e un palo alla sua sinistra. Dopo avere cantato male Lady Marmalade e fatto una pessima esibizione di pole dance è scesa a consegnare il fiore ormai appassito. A chi? Non al festeggiato, tanto meno a un giapponese chiunque. È venuta da me. Sicuramente è stata attratta dal mio fascino latino. Volevo chiederle da dove veniva, ma è inciampata e mi è finita letteralmente in braccio, poi con non nonchalance si è strusciata sull’angolo del tavolo ed è tornata sul palco, sicuramente con un legamento rotto. :-P Ci aveva preso in simpatia perché continuava a parlarci in inglese e in un italiano arcaico. “Nai tu mit ui itaria berra” Già è difficile pensare in un’altra lingua, perché i giapponesi complicano tutto? “I uon bek om Roma” Non so dove tu voglia andare cara amica intrattenitrice, ma meglio lasciar perdere il mondo dello spettacolo, non fa per te. Ma che dico? Magari non può andarsene, magari è vittima di qualche pappone crudele che la sfrutta e noi siamo qui a prenderla in giro . Magari ha dei figli da mantenere, oppure le hanno requisito il passaporto. Sto diventando un po’ paranoico, però se devo dirvi la verità non mi sto molto divertendo. Improvvisamente il festeggiato e i suoi amici mi sono diventati ostili. Parlano fra di loro usando codici a me sconosciuti, si scambiano battute in tutte le lingue e mi sa che non si sono nemmeno accorti della mia presenza.Io sono quello in fondo al tavolo invitato dall’amica dell’amico del festeggiato. Già. Dopo aver mangiato una torta scadente e aver bevuto del caffè al gusto di Pino Silvestre siamo usciti da quel bordello. Non c’era niente di peccaminoso in questo locale, nessuna “strega” pronta a spillarci soldi e neanche l’ombra di uno yakuza. Ci sono altri circuiti per accedere a quei posti, meglio non scoprirli. Fuori dal locale il mio sguardo ha incrociato due ragazze di “bassa presenza” vestite un po’ fuori moda. Hanno iniziato a seguirmi e poi sulla metro si sono avvicinate con sguardo languido e alito un po’ pesante. “Ciao ragazze avete bevuto?” Già faccio fatica a capire mia zia quando mi parla in dialetto, figuriamoci delle giapponesi ubriache in modalità seduzione. Meglio chiedere aiuto al mio amico Michele. “Senti queste due mi stanno toccando la gamba” “Tranquillo stanno facendo – Nanpa” “Cioè?” “È un modo di flirtare fra i giovani” “E cosa stanno dicendo?” “Se fai un giro con loro” “Vogliono fare un triangolo?” “Scusa Gabriele, ho capito male. Mi stanno chiedendo se tu sei il fidanzato della Piera, perché si sono innamorate di lei” Gtvb
Mangiare in Giappone è facile. L’unica cosa che vi consiglio e di non guardarvi troppo intorno, fate scegliere al vostro istinto. Perché? Continuate a leggere. :-P La gita al castello di Osaka è stata una batosta emotiva per me e la mia amica Piera. (Leggete QUI) Senza aprire bocca, siamo passati attraverso quartieri che tutte le guide pubblicizzano. Il viaggio è sempre un motivo per far luce dentro noi stessi. Se si potessero portare i ricordi come souvenir, tutto sarebbe molto più semplice e al check-in dell’aeroporto nessuno farebbe storie per il peso della valigia. Osaka è una città felice, chiassosa e piena di profumi strani. Il quartiere coreano Tsuruhashi è qualcosa di inaspettato e nonostante cerchi un motivo dell’astio fra giapponesi e coreani, qui vedo solo sorrisi e tanto kimchi (cavolo fermentato piccante). La Corea è stata una colonia giapponese dal 1910 fino alla fine della seconda guerra mondiale. Fu in quel periodo che molti coreani emigrarono verso il Sollevante in cerca di fortuna. La città di Osaka era la meta più ambita, sicuramente per vicinanza geografica, ma soprattutto perché era fortemente industrializzata e le sue fabbriche dipendevano molto dal lavoro a basso reddito. Il quartiere Tsuruhashi nacque così. Dopo l'eccidio nell'isola di Jeju da parte del dittatore Sudcoreano Syngman Rhee, che voleva reprimere ogni forma di comunismo, molti locali fuggirono a Osaka. Tsuruhashi divenne l’isola felice per i coreani. Alla fine degli anni 60 però la Croce Rossa Internazionale programmò un rimpatrio di molti coreani, che memori del regime di Rhee preferirono la Corea del Nord a quella del Sud. La più famosa fra questi è stata Ko Yong-hui, diventata poi una famosa ballerina di Pyongyang, ma soprattutto madre dell'attuale dittatore Kim Jon-un. “Ammazza Gabriele quante ne sai” “Non mi prendere in giro Piera!” “Ma tu non hai fame?” “Un pochino…” “Vuoi che ci fermiamo a mangiare coreano?” “No! Preferirei tornare verso il nostro hotel. Ti ricordi che c’era un Luna Park vicino?” “Vuoi andare alle giostre?” “Voglio lo zucchero filato!” Finalmente ci siamo risollevati. È bastato nominare il cibo per far tornare l’allegria. Nemmeno la ressa del quartiere Dotonbori, il più famoso di Osaka, è riuscito a fermarci. Noi vogliamo andare a Naniwa. Perché noi dormiamo lì, ci siamo abituati ai suoi abitanti “particolari”, all’hotel fatiscente e alle uova sode a colazione. Noi non andiamo dove ci sono i turisti! Noi siamo alternativi. Ok, la smetto! :-P Infatti, come diceva la mia nonna, mai lasciare la via vecchia per quella nuova. Il Luna Park è chiuso. “Senti Gabriele è due giorni che siamo ad Osaka e non ho ancora fatto shopping” “Ti ricordo che abbiamo i soldi contati” “Almeno portami da Uniqlo” “Puoi comprarti solo un capo di abbigliamento” “Vedrai sarà bravissima” Uniqlo è una catena di negozi di abbigliamento giapponese low cost. Ricorda l’essenzialità di Muji, ha una qualità migliore di H&M, ma soprattutto produce un sacco di T-shirt con i cartoni animati della nostra infanzia. In Europa hanno una sede a Parigi e a Londra. (e a Milano aprirà nel 2019) “Posso comprare questa canottiera intima per donne con un seno prosperoso?” “Sì, solo una.” “Sono indecisa sul colore” “Basta che ti spicci perché ho fame” Dopo venti minuti. “Piera hai scelto?” “Tu mi stai castrando” “Veramente dovrebbero sterilizzarti, saresti capace di prosciugare l’intero conto della Banca d’Italia” “Che dici! Sono io che tengo in alto il pil italiano” “Vedi di muoverti o ti compro un polsino per giocare a tennis” “Maledetto!” Il nostro bottino è stato molto misero. Io ho comprato un berrettino nero reversibile, mentre la mia strampalata amica ha optato per la canottiera verde, perché la fa sentire sexy come un ramo di alloro. Naniwa-ku è famosa per le sue zone commerciali. C’è Nippombashi, detta la città elettrica, il department store Namba Parks con i suoi giardini pensili e Shinsekai, il nuovo mondo, dove c’è sto maledetto Luna Park che è sempre chiuso. Ma non esistono solo le montagne russe. C’è anche una torre molto bella, tutta illuminata come un albero di Natale circondata da ristoranti con le famose insegne giganti, una delle attrazioni più note di Osaka. La torre si chiama Tsūtenkaku, al suo interno c’è una riproduzione di Billiken, un personaggio inventato dall’illustratrice americana Florence Pretz. Billiken ha una storia bellissima. Nato agli inizi del 900, Florence lo disegnò ispirandosi a un sogno che aveva fatto. Ha una forma di un elfo, ricorda un budda e sorride sempre. È diventato il Dio della fortuna e delle cose come dovrebbero essere, che è un concetto bellissimo. Non è diventato noto come Doraemon però in questa zona ci sono un sacco di ristoranti che hanno una sua statuetta alla cassa. “Piera entriamo in questo locale?” “Basta che non prendiamo la salmonellosi” “Non credo sia sporco come il nostro hotel” “Comunque ho deciso che faccio la doccia quando torno” “Ne avresti bisogno…” “Screanzato!” Ho scelto il ristorante con l’insegna più piccola, perché non volevo cedere a “chi ce l’ha più grossa”. E ho fatto bene. Il locale è pieno di salarymen (gli impiegati giapponesi), sono tutti vestiti uguali. Sembra una scena di Matrix. Urlano, fumano e bevono. Siamo gli unici stranieri. Per una frazione di secondo le loro pupille si sono girate verso di noi, ma non stavano guardando il mio zainetto con disegnato Gesù, ammiravano, sempre per una frazione di secondo, le tette della Piera. Il cameriere gentile ci ha fatto accomodare al centro della sala, come antipasto (senza averlo ordinato) ci ha consegnato una latta di metallo con della cicoria insieme a un’altra latta piena di brodo nero. Poi è arrivato un altro cameriere che, accovacciato come un piccolo predatore, aspettava l’ordine. “Gabry mi sento un po’ soggiogata” “Fai finta sia di peluche” “Dici che parlerà inglese?” Ci ha fatto segno con la testa di no. Poi ha mimato qualcosa, che pensavo fosse quel gioco “indovina il titolo del film”, infine si è riaccovacciato. È tutto scritto in giapponese, ci sono delle foto sbiadite delle pietanze. Il piatto di ramen assomiglia più a un test di Rorschach e il maiale fritto sembra ormai una macchia di unto sulla carta. Ma io sono contento. Abbiamo scelto a caso. Il cameriere si è alzato, ci ha sorriso, ha detto qualcosa che non abbiamo capito ed è scomparso in cucina. Dopo pochi minuti è arrivato un terzo cameriere che ci ha portato tutti i piatti su un vassoio gigante. Ed eccolo il nostro menù random: - salmone fritto infilzato in lunghi stuzzicadenti - patate crude fritte - coda di pesce di gatto fritto - manzo stufato in salsa di fagioli Piera ha iniziato a mangiare con gusto, usava la cicoria come cucchiaio, mentre io spizzicavo lentamente come un pettirosso che cerca briciole sulla corsia d’emergenza di un’autostrada qualsiasi. In teoria avevo fame, ma dietro alle spalle della mia amica famelica passavano orde di camerieri con sacchi neri della spazzatura. Una ragazza li dirigeva verso un carrello pieno di ciotole di metallo vuote e infine la verità. Dentro i sacchi della monnezza c’erano mazzi di cicoria, che venivano depositati con nonchalance negli appositi contenitori sicuramente non sterilizzati e poi impilati uno sopra l’altro, quindi il fondo della ciotola, che di solito è quello pieno di batteri, toccava tranquillamente la verdura. “Gabry questa cicoria è freschissima” Io non ho detto niente alla mia carissima amica, perché banalmente occhio non vede cuore non duole, ma soprattutto se dovesse morire di leptospirosi potrò continuare il mio viaggio da solo e vendere tutte le sue calzine usate al primo maniaco che incontro. Mi piace stare qui. Gtvb
Il Giappone può essere un paese carissimo oppure economicissimo. Potete sfamarvi con 350 Yen (al cambio attuale 2,73 Euro) oppure rimediare delle stamberghe a meno di 20 Euro. Io e la mia amica Piera ci siamo imbattuti in questo Hotel, che l’Overlook di Shining in confronto sembra la Pensione Arianna di Pinarella di Cervia. Buona lettura. Mi sono svegliato mentre Yasu parlava con la mia compagna di viaggio. (QUI il resoconto del nostro viaggio grottesco Tokyo-Osaka) Ci abbiamo messo nove ore esatte, ma solo perché Yasu voleva metterci 9 ore esatte. Aveva calcolato tutto, compreso le soste all’Autogrill. Secondo me non voleva rimanere con noi, infatti appena arrivati alla stazione ci ha praticamente scaraventato fuori dal finestrino. “Yasu, ma non è Osaka qui?” “No è Takatsuki nè” “Ma che ore sono?” “Le 7 del mattino nè” “Ma dove siamo?” “Takatsuki nè” “Ma non siamo ad Osaka?” “No, Takatsuski nè” “Ho capito!!!” E adesso? Perché ci ha lasciato qui? “Voi prendete treno e andate in Hotel nè” “Ok. Vuoi soldi per la benzina?” “No né” “Tra quanto ci vediamo?” “Fra tre giorni…vi farò sapere ora né” “Sicuro che non ci vuoi portare a Osaka? Noi qui ci perdiamo” Ed è partito sorridendo sotto la sua mascherina “proteggi fuliggine che arriva da Shanghai”. Forse la prossima volta meglio prendere il treno, perché è come se uno per accompagnarvi a Milano vi lasciasse a Jerago con Orago. Sapete dov’è Jerago? Beh nemmeno io. Neanche il tempo di prendere in mano le valigie ed entrare in stazione ed eccola arrivare l’orda dei pendolari. Siamo stati travolti. Non sono umani, sono locuste. Gruppi di salarymen ci spintonavano a destra, aggraziate segretarie ci schiacciavano a sinistra, commessi punk calpestavano le nostre valigie. Non è una stazione, ma la calata degli Unni. Se solo riuscissimo ad arrivare alla biglietteria, ma è impossibile non essere trascinati via dalla corrente umana. C’è solo una cosa da fare: “Piera mostra le tue tette” “Cretino! Mentre tu eri qui a guardarti intorno un bravo ragazzo ci ha soccorsi” “Quello che ti sta guardando le tette?” “Sì…lui” “Ci ha comprato i biglietti?” “Sì…ora però gli do una sberla se continua a fissarmi” “Lo hai ringraziato?” “Ho fatto giusto un cenno…” Venire in auto non ha giovato al nostro viso. Io ho le occhiaie fino ai capezzoli, mentre la Piera ricorda vagamente la strega di Blair, in più ha iniziato a esternare coloriti pensieri ad alta voce. “Piera dovresti smetterla di soffiarti il naso in pubblico, in Giappone è maleducazione” “Stai zitto! Qui tirano tutti su con il naso” “Magari potresti indossare quelle mascherine per il raffreddore” “Ma perché mi spingono tutti? Che fretta hanno? Non vedono che siamo due stranieri in panne con delle valigie di marca pesantissime? Maledetti brevilinei!” “Ti sei fatta dire dov’era il binario?” “No! Quello sciocco è fuggito via e scommetto che mi ha fatto una foto di nascosto ai miei seni” “Impossibile! In Giappone tutti i cellulari sono impostati per fare il rumore dello scatto fotografico anche quando sono in modalità silenziosa. È per una questione di privacy e per prevenire episodi fastidiosi in metro” “Vabbè saputello andiamo in questo hotel economico che hai trovato sugli annunci funebri” Siamo riusciti a prendere il treno delle 8:05. Pressati come le noccioline sottovuoto, respiravamo ogni cinque minuti. La stazione di Osaka ci ha comunque accolto a braccia aperte. Venite ignari stranieri, questo è il giorno del vostro giudizio. “Dio c’è più casino di prima. E adesso?” “Adesso mi soffio il naso” “Piera ti arresteranno prima o poi” La fermata è Shin- Imamiya. Sono certo che la troveremo. Il nostro hotel ci sta aspettando. Costa pochissimo, ma sono sicuro che sarà accogliente come lo sono tutti i giapponesi. Che bello questo paese, dove la natura convive fra palazzi e luci scintillanti, dove le tradizioni sono rimaste immutate, dove i kimono colorano i marciapiedi e le calze hanno le dita. Sarà bellissimo. “Dove mi hai portato scellerato?” Cos’è questo palazzo? Fuori dalla stazione un anziano urlava contro uno in bicicletta, delle donne d'altri tempi ci guardavano come se fossimo animali da circo. C'era un po' di disagio sociale. “Piera tranquilla, lo sai che al mattino sono tutti un po’ nervosi. Ti porto in un bar a mangiare un Tegolino accompagnato da una tazza di cappuccino di soia chiaro con tanta schiuma e una spolverata di cacao” E invece siamo finiti in una tavola calda gestita da una tipa stranissima che ci ha piazzato due uova sode e del caffè americano allungato con l’acqua del Mocio Vileda. Totale 600 Yen. (4,68 Euro) Signora la colazione è importante, non possiamo nutrirci così. Siamo ancora giovani. “Avete brioche?” Si sono girati tutti. Ma non avevano uno sguardo accogliente, sembrano quasi infastiditi dal nostro vociare. ( e soprattutto dalle lamentele della mia amica sullo stato d’igiene del locale) L’Hotel Raizan è vicinissimo alla stazione. Finalmente avrò un letto comodo e non quella specie di brandina arrugginita che ci ha rifilato la Sakura House nella nostra casa di Tokyo. Dormirò sopra un guanciale di piume d’oca e sarò avvolto da lenzuola di seta e coperte di lana pregiata.Però non lo trovo, nonostante abbia la mappa sotto il naso. Perchè non hanno i nomi delle vie in Giappone? Perchè deve essere tutto nascosto e misterioso? Abbi pietà di me. Dove sei Hotel Raizan??? Se fossimo una cartolina vedreste: Io che studio la mappa per raggiungere l’Hotel che ho disegnato sulla Moleskine edizione limitata che mi hanno regalato a Natale dei miei amici radical chic, la Piera che bestemmia alla dea Amaterasu ( ma che pronuncia erroneamente Amaterasso) sette clochard che bivaccano come zombie, uno straniero che ci sorride fermo al semaforo, un poliziotto, due muratori, una donna senza denti che trascina una borsa della spesa carica di verdure mai viste prima. Ok non siamo proprio in Piazza di Spagna a Roma, però sforzandoci potrebbe diventare tutto poetico. Magari quei sette homeless sono degli stilisti importanti in cerca di nuove tendenze, magari la vecchia è la reincarnazione della dea del sole…magari…eccolo il nostro Hotel!!!! Era proprio davanti ai nostri occhi, ma noi invece di guardare nella direzione giusta continuavamo a soffermarci sul dondolio del senzatetto che cercava di ipnotizzarci con le sue unghie lunghe dei piedi. “Gabry dove mi hai portato?” “Pensa quando racconterai ai tuoi nipoti questa esperienza” “Mi sono fatta sterilizzare” “Forse ho una bustina di zucchero. Magari ti aiuta a mascherare l’alito di uovo sodo” “Dovevamo andare in un Grand Hotel e invece mi hai portato a Beirut!” “È colpa tua! Hai speso il budget della settimana in portachiavi di Hello Kitty e mutandine di Uniqlo” In effetti questa zona è strana, sembra ferma al 1989. I poster dei negozi sono sbiaditi, i locali vecchi e malmessi. Persino le persone sembrano uscite da un catalogo del Postalmarket.Però lo so che mi riserverà tante sorprese, perché il Giappone è così: ti fa lo sgambetto, ma poi ti aiuta a rialzarti. “Andiamo a fare sto check-in o devi ancora prendere appunti sul tuo taccuino?” “Non mi prendere in giro. Lo sai che ci tengo a scrivere tutto” “È arrivato Hamingway!” “E non ti lamentare. È colpa tua se siamo finiti qui. Se non ti spendevi potevamo permetterci un Ryokan” “Hai bestemmiato in veneto?” “No!” “Hai detto xxxkhan” “No! Ryokan!!!” Qualcuno deve avermi tirato il malocchio, tutta quella grazia, quel silenzio, quella purezza che avevo letto nei libri qui non c’è. “Buongiorno signora, noi avremmo prenotato una stanza per tre notti” Questa non è una reception, ricorda l’ingresso del museo delle torture di Amsterdam. Per comodità scriverò in italiano la conversazione che ho avuto con la gentile signorina dell’Hotel. “Voi alloggerete nel Raizan Sud” “Ce ne sono due?” “No, uno” “Possiamo avere una stanza con due letti singoli, sa la mia amica dice che russo” “Per fare un favore alla vostra fidanzata le ho riservato una stanza nel piano delle donne” “Non è la mia fidanzata” “Mentre lei alloggerà all’ultimo piano, lontano dalla sua fidanzata” “Non è la mia fidanzata” “Le docce sono a vostra di disposizione al piano terra e il bagno è in comune per ogni piano” “Cosa?” “Ripeto non c’è il bagno in camera” “Frigobar?” “No!” “Televisione 55 pollici?” “No!” Vabbè sarà comunque un’avventura, sono certo che questo hotel è comodissimo e poi della tv che me ne frega. Posso sempre scendere nella Lounge (qui è una specie di sgabuzzo) e guardarmi le vsh di Sailor Moon. (Giuro le ho viste!) I corridoi sono lunghissimi, le porte tutte uguali, le gemelle di Shining appaiono a ore alterne a seconda del loro desiderio. Le stanze sono grandi 5 metri quadri, con una finestra che da sul cortile interno dell’Albergo, dove torturano gli stranieri che si lamentano dell’olezzo che arriva dai bagni. In effetti non hanno tutti i torti, c’è una puzza di canfora e letame, che però ti apre le vie respiratorie. Ogni tanto sbuca fuori qualcuno in accappatoio, si sentono voci provenire da chissà dove, la muffa decora le finestre…e le lenzuola della mia camera camminano da sole. Purtroppo della mia amica Piera non ho più notizie da quando l’ho lasciata al settimo piano. L’ho sentita urlare in bresciano antico, ma non mi sono tanto preoccupato. Raizan South è un piacevole hotel a Osaka, le sue stanze sono tombe per la vostra igiene personale. Dimenticate comodità e pulizia, qui avrete l’ebrezza di dormire con muschi e licheni. Di notte spiriti notturni sussurreranno dalle pareti parole in lingue sconosciute, le blatte vi inseguiranno fino all’unico bagno disponibile, che con vostra sfortuna sarà occupato dalla cloaca di turno. Coiti disturberanno il vostro sogno, batteri della muffa si annideranno fra i vostri peli superflui e qualcuno non farà più ritorno a casa. Dopo un’ora la mia amica Piera sfoggiava un elegante tuta dei Ris di Parma e cercava tracce di liquido organico sulle pareti dell’ascensore. “Sicura che stai bene?” “Zitto! C’è una pazza nel gabinetto delle donne che si sta pettinando i capelli neri da un’ora. E poi li butta nel lavandino” “È il famoso rito per chiamare Samara di The Ring” Gtvb