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GOLDEN GAI (e l'escort giapponese)

Finalmente dopo giorni e giorni a spendere soldi da Uniqlo ho convinto Marco a uscire dalla schiavitù dello shopping.
Prima passava le sue serate al Konbini e a provarsi allo specchio le 2000 T-shirt che hanno invaso casa nostra.
Gli ho proposto una birretta nella Tokyo by Night che è vivace e piena di personaggi curiosi.
Abbiamo ancora poco tempo per fare i turisti perché fra qualche giorno arriveranno i miei clienti, vi ricordo che io e la mia amica Mia san siamo diventati tour leader per questo piccolo gruppo di abruzzesi che ci ha scelto per la simpatia e la nostra parlantina.
La nostra meta è il Golden Gai: La zona del bar-hopping, un guazzabuglio di locali uno dietro l'altro in un'area raccolta nel quartiere più “hot” di Tokyo: Kabukichō.
Cosa attrae turisti e salary men in questo crocicchio di viuzze?
Sicuramente i piccoli locali dal fascino decadente, dove i clienti diventano amici e passano le ore a raccontarsi le loro vite. Il gusto retrò delle case, che furono costruite nel dopoguerra e le specialità culinarie. Ogni locale è famoso per qualcosa, per questo ogni sera si vedono persone saltellare come grilli da un posto all’altro.
Ho cercato di spiegare a Marco il romanticismo e la malinconia che caratterizza questa zona di Tokyo, ma l’unica risposta che ho avuto è stata: “Mè, ho fame!”.

golden gai Tokyo

Dal 1947 lungo il lato est della stazione di Shinjuku, già brulicante di venditori ambulanti, vide crescere e prosperare un florido mercato nero e traffici commerciali poco puliti. 
Per rimettere le cose a posto, il Governo, un po' scocciato, costrinse i commercianti con licenza a trasferirsi in una zona precisa del quartiere e a riunirsi in una cooperativa. Ad ognuno dei soci vennero assegnati degli spazi vuoti molto piccoli che si trasformarono ben presto in opportunità di crescita, da venditori di strada a locandieri il passo fu breve. Ed ecco a voi Golden Gai.
Io starei le ore a passeggiare avanti e indietro solo per guardare la gente uscire dai bar con un sorriso.

“Mè, ti ho detto che ho fame!”

Che palle, non posso spiegare mai niente.

Vediamo quale locale scegliere, che qui hanno tutti nomi strani e poi è facile perdersi fra i kanji e l’odore di fritto. Non posso farmi vedere titubante dal mio amico. Meglio prendere coraggio ed entrare in uno a caso, mal che vada millanterò di esserci già stato nel lontano dopoguerra. :-P
Non che abbia scelto benissimo. Il bar è veramente piccolo, sembra la cucina di mia nonna, con un ventilatore mezzo rotto, l’odore un po’ stantio e il barista ottuagenario con tre denti in bocca. Speriamo abbiano delle patatine nel sacchetto, qui si rischia la salmonellosi.
Un signore barcollante che sta guadagnando l’uscita ci accoglie con le braccia aperte.
Non capisco le sue intenzioni.
Dallo spavento gli rispondo:
“Scusi abbiamo sbagliato bar”.
Ma lui, ormai in totale stato confusionale, alza le braccia al cielo e grida: “Voi venire dentro”.

“La ringrazio per la sua disponibilità, ma sto cercando un bar che si chiama…”
“Io offro da bere”
“Alcol?”
“Fiumi di alcol!”
“Allora caccia il secchiello nonno, che ti faremo vomitare tutta la notte.”


E così io e Marco restiamo seduti a guardare il barista portarci ogni tipo di alcolico disponibile: birra, sake, whiskey annacquato, mentre il nostro simpatico paparino caccia denaro contante dalla tasca, manco fosse un bancomat impazzito.

"Vuoi Shochu?
“No, grazie”
“Vuoi Shochu?”
“Non mi piace mischiare gli alcolici”
"Vuoi Shochu?

“Va bene”

Lo Shochu è un distillato che può avere come base diversi ingredienti: patate dolci, orzo, malto di riso o zucchero di canna.
Non è male, perché non ti sale subito come la vodka e il gin, ma ti lascia allegro e vigile senza finire steso per terra.
Parlo di noi occidentali.
Il nostro generoso amico dopo un bicchiere sta già schiumando parole in giapponese antico, incomprensibili persino al barista, che nel frattempo alza gli occhi al cielo e continua a portare bottiglie a caso sul nostro tavolo.
Al terzo sorso paparino si trasforma in un orologio a cucù. Si, perché stava zitto, poi si addormentava di colpo e all’improvviso tirava fuori la lingua.
Che fare? Il barista pensando fossimo vogliosi turisti in cerca di avventure erotiche ci mette in mano dei depliant con una lunga liste di prostitute, vestite da scolarette e lolite.
Dice che a lui piacciono giovani.
E indica il suo femore come altezza media. 
Dove siamo finiti?
Magari questi ci vogliono fare ubriacare e poi vendere parti del nostro corpo agli yakuza di Kabukichō.

Nel frattempo il nostro altruista beone si ripiglia.

“Io lavoro nella televisione”
“Interessante. E cosa fa in tv?”
“Io produttore televisivo”
“Interessante”
“Vuoi diventare stella della tv?

“Sì. Mi piacerebbe condurre il meteo”

tokyo Shinjuku golden gai

Non è facile trovare argomenti con un giapponese avvinazzato che parla come se avesse un asciugamano per il bidet in bocca.
Con i gesti puoi arrivare giusto a tre o quattro parole, ma poi sono interminabili silenzi e lunghe bevute.

“Cosa fare di lavoro?”

E ora cosa gli rispondo?

“Cosa fare di lavoro?”

Forse meglio chiedere consiglio al mio amico Marco.

“Marco secondo te è meglio dirgli che siamo dei creativi o dei semplici impiegati?”
“Web designer”
“Ma che web designer! Se gli diciamo che facciamo le guide per il Giappone?”
“Cosa guidiamo?”
“Le guide!!! Gli accompagnatori. Hai presente?”

Marco, dopo aver pensato a lungo nella sua testa come rispondere alla difficilissima domanda, prende il toro per le corna e fiero urla: “We are Escort!”

Silenzio.

Tokyo avrà milioni di locali e noi dove siamo finiti? Nell’unico frequentato da vecchio sporcaccione in cerca di ragazzini.
inizia così a offrirci banconote da 10.000 Yen che tira fuori da una bustina in pelle nera.

“Non siamo escort, il mio amico voleva dire che accompagniamo la gente in giro, non in Motel”
“70.000 Yen?”
“No!”
“90.000 Yen?”
“Nonno mica siamo a – Ok il prezzo è giusto!”


escort giapponesi

Per una prestazione da un’ora una prostitua giapponese prende circa 20.000 Yen, per 5 ore 80.000 mentre per 10 ore arriva fino a 162.000 Yen. (più o meno 1200 Euro)
Si possono aggiungere degli ingredienti extra come nella pizza.
Farsi fare la pipì addosso costa solo 2000 Yen in più, il pompino di benvenuto protetto 4000 e vederla agghindata come una coniglietta in calore appena 1000.

Il giro di affari dell’industria del sesso in Giappone è stimato intorno ai 24 miliardi di dollari. 

Per contrastare la violenza sulle donne e lo sfruttamento sessuale nel 2017 sono state apportate delle modifiche al codice penale ampliando la definizione di stupro. Mentre prima era considerata violenza solo il rapporto vaginale forzato, ora è stato incluso anche quello orale e anale.

Nel 2021 ci sono state 1300 denunce per violenza carnale.

La legge in materia è però ancora molto lacunosa e poco chiara e lascia la possibilità alle mafie di approfittarsi delle condizioni di bisogno per costringere le donne, soprattutto quelle meno tutelate come le straniere e le madri single, a prostituirsi. 

L’attivista Yumeno Nito insieme ad altri volontari ogni mercoledì gira per Shinjuku e Shibuya con il progetto Tsubomi Cafè, che aiuta ragazze sfruttate a trovare una via di fuga dai loro aguzzini. L’Associazione si chiama Colabo e la potete trovare QUI.


Gtvb

Cover: StudioA 
Immagini:©Misa Nakagaki/©Shinjuku Historical museum