C’è un quartiere a Tokyo che ti ricorda il tempo che passa, ma che è anche capace di fermarlo.
Qui resistono mode e manie, i taxy sono sostituiti da cavalli alati e gli abitanti hanno poteri magici.
Se esistesse la fonte della giovinezza sarebbe qui. Benvenuti ad Akihabara croce e delizia per il mio cuore.
Io ci vado sempre da solo, perché Akihabara è un lavoro e non voglio obbligare i miei amici agli straordinari.
Non ho mete e abitudini. Preferisco perdermi e scovare nuovi nerd o gadget misteriosi.
Sulla linea Yamanote (la più semplice per arrivare nel quartiere elettrico) due ragazzi italiani mi guardavano incuriositi.
Pensavano fossi un bolscevico rivoluzionario pronto a sabotare il treno per il paese dei Balocchi.
“Hai visto quello che baffi?”
“Sì, fanno paura”
“Secondo me è straniero”
Straniero?!? E voi cosa siete?
Scendono insieme a me e svaniscono in un secondo in mezzo alla gente.
Tendenzialmente Akihabara non cambia mai. Esternamente è un gioco di colori, insegne psicotrope e musiche di ogni tipo.
Il problema è quello che succede al suo interno.
Il virus del giocattolo s’insinua fra le sue scale e ipnotizza chiunque abbia una mente labile.
Ad esempio la mia!
Neanche il tempo di girare l’angolo ed ero finito in un piccolo negozietto che vendeva solo uccelli di plastica. Eppure ricordavo che qui c’erano robot a caro prezzo, ma ora Mazinga e Gundam sono stati sostituiti da cocorite rafferme, gabbiani in posizioni che offendono la morale pubblica, pettirossi allucinati…volete che continuo?
(QUI la mia avventura con la mia amica Piera)
Ma non sono l’unico che è stato ammaliato da pavoni e anatre. Altri due italiani confabulavano davanti a un pinguino imperatore.
“Hai visto quello che baffi?”
“Sembra che ha un topo sotto la bocca”
Se avessi avuto il potere di animare questi uccelli sarebbe stata una strage, come nel film di Hitchcock.
Ma io sono un ragazzo educato ed evito ogni forma di provocazione.
Non so cosa voglia dirmi Akihabara, ma l’età di quelli intorno a me si è abbassata improvvisamente.
Dove posso trovare i miei coscritti?
Forse nel negozio dove c’era il Mazinga gigante alla porta.
Prima però ho bisogno di idratarmi. :-)
Le Vending Machine giapponesi appaiono sempre nel momento del bisogno. Non esistono cali di zucchero in Giappone, perché ci sono queste straordinarie macchinette pronte a risollevare la glicemia.
Tranne per me. Io ho scelto una bevanda con stampato sull’etichetta un orsetto rosa. Sapeva di fragola con uno strano sentore di patatine Fonzie.
Ho investito ancora 200 Yen per un’altra bibita, giusto per togliermi quel saporaccio da sedere di Unicorno, peccato avessi scelto un the freddo al gusto di pannocchia.
Eppure mia nonna me lo diceva sempre: “Non c'è nulla di meglio di un bel bicchiere d'acqua fresca”.
E mentre a malincuore scoprivo che il negozio con il Mazinga alla porta non c’era più, dietro di me sentivo una mandria di buoi correre.
“Ferma il baffone!!!”
Ecco altri bulli pronti a prendermi in giro.
“Excuse me noi andare qui”
Mi indicano il teatro delle AKB48.
Per i disinformati, le AKB48 sono un gruppo di Idol formato da 48 ragazze, suddiviso in due sottogruppi da 24, che si esibiscono tutti i giorni ad Akihabara in un teatro costruito apposta per loro .
Nel 2010 vinsero il prestigioso Good Design Awards nella categoria Network.
Le idol che puoi incontrare tutti i giorni. Questa è stata la motivazione.
All’inizio erano 68 membri: 48 performers + 20 riserve, nel caso qualcuna si fosse persa, come spesso accade, nella stazione di Shinjuku. :-P
Adesso, come i Gremlins, si sono moltiplicate ed esistono sotto categorie di questo gruppo con il nome formato da consonanti e numeri messi un po’ a caso.
Vi consiglio Tokyo Idols, un documentario su Netflix, che racconta il mondo del JPop e dei loro fan più accaniti.
Ho aiutato questi italiani sperduti, facendo finta di essere uno scozzese.
“Come with me”
“Denkiu iu ar gentel”
Forse sarebbe stato meglio abbandonarli in una scuola d’inglese.
Dopo averli lasciati in balia delle loro pulsioni, sono finito per caso in un negozio di giocattoli Hentai.
Perché non trovo più nulla che mi faccia ringiovanire? Che ne so una bambolina di Candy Candy, il gatto Giuliano o una Clara in carrozzina. Qui ci sono solo donne con una sesta di reggiseno, ragazzine che ammiccano e dominatrici in plastica.
All’ultimo piano mi arrendo nella sala adibita agli amanti della guerra. C’è tutto per costruirsi un arsenale da terrorista o per cacciare i Predators nei boschi.
Chiedo umilmente se hanno un Pikachu con l’elmetto, ma il commesso mi accompagna indispettito alla porta, non prima di aver notato la cabina dove provare le armi. C’era un giapponese che pensava di essere in un conflitto senza fine. Faceva versi assurdi e alzava le mani in segno di vittoria.
Non ho una meta. Dieci anni fa inciampavi spesso in giocattoli che mi facevano sussultare “questo ce l’avevo anche io” adesso cara grazia che non rischio una body modification negli shop per i Cosplayer.
La gentile commessa mi ha presentato, senza che io le chiedessi nulla, tutta la linea di baffi posticci uguali ai miei.
Almeno lei è stata gentile. Poi li ha indossati e ha cercato di imitarmi.
Akihabara non ha pietà. Oltre ad offrirmi bevande dolciastre mi sta mostrando quanti anni ho.
Le vetrine si riempiono di oggetti a me sconosciuti, il piccolo bambino che c’è in me sta soffocando davanti a personaggi ignoti.
Cosa sto cercando?
Ci sono scolaresche di Dragon Ball e One Piece pronte ad occupare le mie mensole, c’è Hatsune Miku, che non appartiene a nessuno dei miei ricordi e non saprei neanche come descriverla. (È un Vocaloid sviluppato dalla Crypton Future Media e a cui è stato assegnato, come design, quello di una ragazza di sedici anni. Chiaro no? )
Forse potrei consolarmi con qualche Godzilla, ma quello appare sempre in Giappone, non viene mai a Milano a distruggere il quadrilatero della moda. :-P
Finisco per inerzia in un mega store che vende di tutto. Una sorta di bazar dove i nerd potrebbero morire da quanta roba è esposta.
“Excuse me do you know Ghibli?”
Oggi devono avermi preso per una guida. Ovviamente la gentile signora era una italiana con un vago accento romano.
“Sorry?”
“Mio nipote want Ghibli”
“Signora stia tranquilla capisco la sua lingua”
“Parli bene l’italiano!”
“Sono di Milano”
“Pensavo fossi turco”
“E come mai mi ha fermato?”
“Hai la faccia simpatica come il kebabbaro sotto casa mia”
Forse dovevo far finta di essere straniero. :-P
“Senti baffone. Mio nipote vuole cose di questo Ghibli. Ma chi è Ghibli? Un giocattolo?”
“Il Ghibli è un vento caldo e secco tipico della Libia, che soffia da Sud o Sud-Est. Tale vento proviene dal deserto del Sahara, trasportando quindi polvere e sabbia”
(Faccia perplessa)
“Vuoi dire che ho capito male? Adesso cosa faccio?”
“Non si preoccupi. Gli compri un Totoro”
“Sei sicuro? Ma se poi non gli piace?”
“In un’altra vita ero Babbo Natale. Vedrà che il suo nipotino sarà felicissimo”
“Ma ha 39 anni!”
Akihabara alle sette di sera si accende come un’amante pronta ad esaudire i tuoi desideri.
Fa niente se il tuo bottino è stato magro e non sei riuscito a trovare Hello Spank in un canile di poliuretano espanso, lei ti lascerà sempre con quella sensazione di essere sospeso in un abbraccio.
L’occhio non vede se il cuore non vuole.
Prima di rientrare alla stazione, incrocio di nuovo la signora romana con il suo chiassoso gruppo vacanze.
Inizia ad agitare le mani.
“Baffone grazie!! Ho spedito una foto a mio nipote. È felicissimo!”
Akihabara oggi mi ha insegnato che questo può essere un ricordo migliore di un giocattolo a buon mercato.
Gtvb