Sì, ho vinto un viaggio in Giappone.
A volte i concorsi funzionano. È bastato spedire una foto e aspettare.
Ma non ho vinto un biglietto A/R e un calcio nel sedere, ma un vero tour con tanto di guida privata, hotel di lusso, Japan Rail Pass, gite incluse e borsello portadocumenti dell’Agenzia.
Mi raccomando tenete allacciate le cinture perché ci saranno forti turbolenze.
Nonostante mi vanti di essere un travel blogger, un tour leader e un aspirante samurai, ogni volta che salgo su un aereo mi vengono pensieri oscuri.
Ho paura di cadere in mezzo alle montagne e di sopravvivere allo schianto per poi finire in pasto a delle belve sconosciute, sogno di ammarare nell’oceano e di venire masticato dagli squali e in più quando l’aereo si alza da terra inizio a sudare talmente tanto che le hostess mi guardano inorridite.
Per esorcizzare questa fobia passo ore e ore in aeroporto.
Il mio aereo per Roma parte alle 7 e perché non arrivare a Malpensa Milano quattro ore prima e vedere solo negozi chiusi e loschi figuri che vagano in cerca di muccini di sigarette?
Forse non è questa la cura, però è più forte di me. Mi sento come Maria Antonietta il giorno prima della sua condanna a morte o come i Puffi a casa di Gargamella.
L’unica cosa che riesce a tranquillizzarmi è camminare avanti e indietro con gli occhiali da sole, facendo finta di essere un personaggio famoso che evita i paparazzi. Solo che nessuno mi guarda e mi parla.
Quelli che impacchettano le valigie preferiscono commentare la Signora con il decoltè generoso, l’abito animalier e le unghie laccate rosse. Persino dalla torre di controllo si sentono commenti sessisti. Forse se rimango al suo fianco riuscirò a calmarmi.
È gentile, nota subito il mio nervosismo.
“Dove vai di bello?”
“In Giappone”
“Io ci sono stata tanti anni fa. Ho visto anche la geisha”
“Anche io l’ho vista qualche anno fa”
“Ho dormito per terra”
“Sul Futon intende?”
“Sì, quella cosa lì”
“Non è male…”
“Ma cosa dici???”
“Lei dove sta andando?”
“Io vado a Dubai per lavoro”
“Dev’essere un posto assurdo”
“Ci vado spesso per lavoro”
Mi sa che ho capito che lavoro fa. Beata lei, viaggerà tantissimo! :-P
Finalmente dopo ore e ore a fissare lo schermo delle Partenze ecco arrivare le dolci e gentili hostess.
Imbarcano i miei umili bagagli e mi consigliano delle salviettine opacizzanti per la mia pelle lucida.
Il Gate è vuoto. Dopo di me arriva un’anziana che ricorda la vecchia del Titanic, quella che alla fine del film butta il gioiello in mare.
“Posso sedermi di fianco a te giovinotto”
“Prego. E grazie per il giovanotto”
“Figurati giovinotto”
Con la A signora!!!!!
“A Roma ho il volo per Tel Aviv! A me piace molto viaggiare, quando ero giovane…”
Ecco ho trovato la logorroica.
“Sai mi sono tagliata un’unghia del piede, ma si vede che una scheggia mi è rimasta nell’angolino e ora mi pulsa l’alluce!”
Ma che schifo! Perché non mi lascia da solo con i miei pensieri. Che me ne frega dei suoi errori estetici.
“Adesso mi cambio le scarpe. Dove vai di bello giovinotto?”
“A Tokyo!”
“Le hostess di un tempo erano più belle, adesso sono tutte brutte”
(Cosa c’entra?)
“A me piace viaggiare. Parto almeno una volta all’anno, non ci sono più le mezze stagioni, Marzo pazzerello, Aprile dolce dormire e Maggio?”
“Non mi ricordo com’è Maggio…”
“Maggio è paggio”
“Non era - vai adagio?”
“Ma non fa rima”
“Perché – Aprile dolce dormire – fa rima?”
Ma cosa stiamo dicendo?
“Mi raccomando attento ai terremoti!
”
E lei agli attentati terroristici!”
Tiè maledetta iettatrice!
Dopo aver fatto scalo a Roma, ecco apparire il mio aereo per il Giappone. Finalmente rivedrò la mia amica Mia San (QUI una delle sue tante avventure) e potrò tornare dove questo blog è iniziato.
Purtroppo non c’è più la mia compagna di viaggio Piera, però sono certo che il suo spirito sia rimasto in qualche negozio di calze di Harajuku.
Di fianco a me c’è una giapponese che parla italiano. Mi ha detto solo tre parole: Che bella Italia – Mi piace piazza – Non mettere soia sul riso, ma solo sul salmone.
Poi come una narcolettica è svenuta.
Io ho passato tutto il viaggio con la fissa di sapere se intendeva “piazza” o “pizza”.
Sono atterrato a Narita alle 7:40 del mattino.
Piove. Uffa.
Nonostante le mie occhiaie fino ai capezzoli e i baffi da tricheco alla dogana non mi hanno controllato la valigia.
Meno male! Potrò finalmente liberare i 40 Furetti che avevo nascosto sotto le forme di Parmigiano e smerciare i 20 vasetti di Nutella al Mercato Nero di Ueno.
Mi viene a prendere Shige, il fidanzato di Mia san.
Che carino. Continua a inchinarsi e a dirmi “Welcome” poi mi parla in giapponese come se fossi laureato alla Ca’ Foscari di Venezia con un dottorato in lingue antiche di Okinawa.
L’area fumatori dell’aeroporto di Narita mi fa sempre ridere. È una specie di gabbia di vetro dove entri Belen ed esci Rita Levi Montalcini.
Forse dovrei smettere.
Il viaggio in Limousine Bus è sempre un bel vedere.
Nonostante il tempo da schifo inizio a ricordare.
Riconosco le periferie che assomigliano a quasi tutte le periferie del mondo. Rivedo il mare in fondo all’orizzonte, l’ingresso del parco Disney di Chiba, una ruota panoramica, un centro commerciale, due centri commerciali…poi Shige mi sorride e incomincia di nuovo a parlarmi nella lingua degli Ainu, i primi nativi delle isole giapponesi.
Mia san ha cambiato casa.
Dalla poco affascinante Minowa ha traslocato vicino al Palazzo del Governo, in una sorta di piccolo villaggio all’interno dell’intricata Shinjuku.
Dormirò da lei per una settimana e poi mi trasferirò nell’Hotel di lusso, così potrò fare la figa di Bel Air e credermi un parente alla lontana dei Kardashan.
Nel frattempo si è alzato il vento.
La pioggia è talmente fine che s’infila attraverso le fibre della mia camicia e mi bagna le ascelle.
Alla stazione dei Bus mi sento più un pulcino fraidicio in un pollaio che un emozionato esploratore.
Shige mi guarda e dopo tre secondi appare con un ombrello a fiori. La gentilezza giapponese è qualcosa di commovente. Gli ombrelli un po’ meno. :-P
La casa di Mia San è lunga 11 passi e larga 4. Io ho una valigia enorme, un borsone da viaggio e lo zainetto delle emergenze.
La casa di Mia San è solo per me. Finalmente potrò sperimentare come vive un vero giapponese.
Mi piace qui. Sono le 13:30. Devo regolare il mio metabolismo. Andiamo a cercare qualcosa da mangiare, ma prima una piccola scossa di terremoto coma aperitivo.
Che emozione! Non mi sto facendo mancare nulla. Ci manca Godzilla e un’invasione di Pokemon libidinosi e posso morire in pace.
Dietro il Palazzo del Governo c’è il poco famoso Shinjuku Chuō Park, dove mamme borghesi portano i loro bambini a giocare.
C’è una piscina, un sacco di percorsi per runner incalliti, una sorta di palo con una campanella che suona ogni venti minuti, ma soprattutto ci fanno il Tokyo Outside Festival, una sorta di piccola fiera per i fissati del campeggio.
Con questo tempo non sta avendo molto successo, ma i giapponesi fanatici riescono a rendere interessante qualsiasi cosa. Ed eccoli allestire tende waterproof con tanto di riscaldamento, sfilare con mantelle impermeabili, scarpe idrorepellenti e magliette a tenuta stagna.
L’efficienza giapponese è qualcosa di commovente. Il campeggio un po’ meno. :-P
Siccome ci sono bambini arrampicati sugli alberi che si calano da corde poco sicure, vorrei evitare di trovarmi in mezzo a una tragedia, così mi lascio alle spalle gli adoratori degli accampamenti per addentrami sempre di più in questo parchetto che nessun travel blogger consiglia, ma che io trovo antropologicamente interessante.
C’è un ragazzo che dorme su una panchina abbracciato ad un peluche di Pikachu, c’è una signora in kimono con le calze bianche tutte fradicie che non mostra nessun segno di debolezza.
Il vento inizia a diventare fastidioso, la pioggia idem.
Ma io resisto al Jet lag e alla stanchezza. Devo rimanere sveglio.
Purtroppo le palpebre sono pesanti e le gambe iniziano a non rispondere più.
In lontananza vedo qualcosa di bianco ondeggiare, come se fosse un lenzuolo al vento che danza solo per me.
Mi attrae.
E se fosse uno di quegli animali mitici che vivono nelle fantasie popolari?
Narra una delle leggende giapponesi che una volpe bianca dalle sembianze umane s’innamorò di un cacciatore dopo averlo soccorso in un bosco.
I due amanti ebbero un figlio molto intelligente che un giorno si accorse che alla madre spuntava una coda. Non era ahimè una pelliccia rubata al Centro Commerciale, ma la vera coda della mamma.
Così la povera donna, non si sa per qualche motivo, scoperta la sua identità, fuggì nel bosco e rivelò alla famiglia il suo aspetto. Come ultimo dono lasciò al figlio il potere di comprendere il linguaggio degli animali.
Dio!!! Fa che sia la Volpe della leggenda. Anche io voglio parlare con i cani e finalmente mandare a quel paese i chihuahua di mia zia! :-P
La dama bianca si affaccia da una delle porte del Juniso Kumano Jinja, il tempio dedicato ai tre monti di Kumano: Hongū, Shingū e Nachi.
Non c’è nessuno con lei. Siamo soli. Ci guardiamo.
Prendi la mia anima e portami via con te.
Fai sparire la pioggia con un battito di ciglia e mentre ci sei ordinami un Happy Meal da Mcdonald's perché non mangio da ore.
La notte è alle porte.
Abbiamo ancora pochissimo tempo per stare insieme mia dolce Volpe.
Forse ho con me un vasetto di Nutella, vuoi assaggiarla?
Il suo sguardo non si è abbassato per un attimo. Le ho teso la mano e…niente poi è arrivato un fotografo a chiedermi di spostarmi perché ero finito proprio in mezzo a un set di abiti da sposa tradizionali giapponesi.
Deluso vago per Shinjuku senza una meta, non vedo niente. L’ombrello copre le luci colorate.
Il buio prende il sopravvento e il mio istinto mi riporta verso casa.
Devo mangiare.
Mia san mi aveva lasciato sul tavolo la mappa per ritrovare il suo appartamento.
Ahimè l’ho lasciata nella tasca dei jeans per tutto il tempo e adesso sembra la caricatura della mia chiappa sinistra.
La pioggia ormai è un torrente in piena, il vento rivolta il mio ombrello e le pozzanghere formano onde anomale sull’asfalto.
È la fine.
Una ragazza bellissima mi vede in panne. Si avvicina e inclina la testa come per dire: “Hai paura piccolo straniero bagnato?”
Mi dice qualcosa. E se fosse la Volpe bianca?
Io intimidito rispondo: “I don’t speak japanese”
“Infatti ti sto parlando in inglese!”
Iniziamo bene.
Gtvb
Grazie @Onitsuka Tiger
Foto Cover: @Claudio Arnese
Foto Pikachu "Japanize Your life": @Luca Palmer