NANIWA (Osaka story)

Mangiare in Giappone è facile. L’unica cosa che vi consiglio e di non guardarvi troppo intorno, fate scegliere al vostro istinto e non abbuffatevi troppo.
Perché? Continuate a leggere. :-P

La gita al castello di Osaka è stata una batosta emotiva per me e la mia amica Piera. (Leggete QUI)
Il viaggio è sempre un motivo per far luce dentro noi stessi. Se si potessero portare i ricordi come souvenir, tutto sarebbe molto più semplice e al check-in dell’aeroporto nessuno farebbe storie per il peso della valigia.
Osaka è una città felice, chiassosa e piena di profumi strani.
Il quartiere coreano Tsuruhashi è qualcosa di inaspettato e nonostante cerchi un motivo dell’astio fra giapponesi e coreani, qui vedo solo sorrisi e tanto kimchi (cavolo fermentato piccante).

La Corea è stata una colonia giapponese dal 1910 fino alla fine della seconda guerra mondiale.
Fu in quel periodo che molti coreani emigrarono verso il Sol levante in cerca di fortuna.
La città di Osaka era la meta più ambita, sicuramente per vicinanza geografica, ma soprattutto perché era fortemente industrializzata e le sue fabbriche dipendevano molto dal lavoro a basso reddito. Il quartiere Tsuruhashi nacque così.
Dopo l'eccidio nell'isola di Jeju da parte del dittatore sudcoreano Syngman Rhee, che voleva reprimere ogni forma di comunismo, molti locali fuggirono a Osaka.
Alla fine degli anni 60 però la Croce Rossa Internazionale programmò un rimpatrio di molti coreani, che memori del regime di Rhee preferirono la Corea del Nord a quella del Sud.
La più famosa fra questi è stata Ko Yong-hui, diventata poi una famosa ballerina di Pyongyang, ma soprattutto madre dell'attuale dittatore Kim Jon-un.


“Ammazza Gabriele quante ne sai”
“Non mi prendere in giro Piera!”
“Ma tu non hai fame?”
“Un pochino…”
“Vuoi che ci fermiamo a mangiare coreano?”
“No! Preferirei tornare verso il nostro hotel. Ti ricordi che c’era un Luna Park vicino?”
“Vuoi andare alle giostre?”
“Voglio lo zucchero filato!”

Finalmente ci siamo risollevati. È bastato nominare il cibo per far tornare l’allegria.
Nemmeno la ressa del quartiere Dotonbori, il più famoso di Osaka, è riuscito a fermarci.
Noi vogliamo andare a Naniwa.
Perché noi dormiamo lì, ci siamo abituati ai suoi abitanti “particolari”, all’hotel fatiscente (leggete QUI) e alle uova sode a colazione.
Noi non andiamo dove ci sono i turisti! Noi siamo alternativi. Ok, la smetto! :-P

insegne ristoranti Osaka
Come diceva la mia nonna: mai lasciare la strada vecchia per quella nuova.
Il Luna Park è chiuso!

“Senti Gabriele è due giorni che siamo ad Osaka e non ho ancora fatto shopping”
“Ti ricordo che abbiamo i soldi contati”
“Almeno portami da Uniqlo”
“Puoi comprarti solo un capo di abbigliamento”
“Vedrai sarà bravissima”

Uniqlo è una catena di negozi di abbigliamento giapponese low cost.
Ricorda l’essenzialità di Muji, ha una qualità migliore di H&M, ma soprattutto produce un sacco di T-shirt con i cartoni animati della nostra infanzia.
In Europa hanno una sede a Parigi e a Londra. (e a Milano aprirà nel 2019)

“Posso comprare questa canottiera intima per donne con un seno prosperoso?”
“Sì, solo una.”
“Sono indecisa sul colore”
“Basta che ti spicci perché ho fame”

Dopo venti minuti.

“Piera hai scelto?”
“Tu mi stai castrando”
“Veramente dovrebbero sterilizzarti, saresti capace di prosciugare l’intero conto della Banca d’Italia”
“Che dici! Sono io che tengo in alto il pil italiano”
“Vedi di muoverti o ti compro un polsino per giocare a tennis”
“Maledetto!”

Il nostro bottino è stato molto misero. Io ho comprato un berrettino nero reversibile, mentre la mia strampalata amica ha optato per la canottiera verde, perché la fa sentire sexy come un ramo di alloro.

Tsūtenkaku

Naniwa-ku è famosa per le sue zone commerciali. C’è Nippombashi, detta la città elettrica, il department store Namba Parks con i suoi giardini pensili e Shinsekai, il nuovo mondo, dove c’è sto maledetto Luna Park che è sempre chiuso.
Ma non esistono solo le montagne russe. C’è anche una torre molto bella, tutta illuminata come un albero di Natale circondata da ristoranti con le famose insegne giganti, una delle attrazioni più note di Osaka.
La torre si chiama Tsūtenkaku,al suo interno c’è una riproduzione di Billiken, un personaggio inventato dall’illustratrice americana Florence Pretz.
(Qui sotto una foto storta fatta dalla Piera)

Billiken Osaka
Billiken ha una storia bellissima.
Nato agli inizi del 900 e da un sogno che aveva fatto l'artista, il disegno diventò cartone animato, mascotte e una statuetta.
Ha una forma di un elfo, ricorda un budda e sorride sempre. In Giappone fu venerato come Dio della fortuna e delle "cose come dovrebbero essere", che è un concetto bellissimo. Non si capisce bene come arrivò qui, dicono come simbolo "americano", forse come divinità straniera, sta di fatto che scomparve nel dopoguerra.
Non è diventato noto come Doraemon però in questa zona ci sono un sacco di ristoranti che hanno una sua statuetta alla cassa.

“Piera entriamo in questo locale?”
“Basta che non prendiamo la salmonellosi”
“Non credo sia sporco come il nostro hotel”
“Comunque ho deciso che faccio la doccia quando torno”
“Ne avresti bisogno…”
“Screanzato!”

Ho scelto il ristorante con l’insegna più piccola, perché non volevo cedere a “chi ce l’ha più grossa”.
E ho fatto bene.
Il locale è pieno di salarymen (gli impiegati giapponesi), sono tutti vestiti uguali. Sembra una scena di Matrix. Urlano, fumano e bevono.
Siamo gli unici stranieri.
Per una frazione di secondo le loro pupille si sono girate verso di noi, ma non stavano guardando il mio zainetto colorato, ammiravano, sempre per una frazione di secondo, le tette della Piera. :-P

Osaka Naniwa
Il cameriere gentile ci ha fatto accomodare al centro della sala, come antipasto (senza averlo ordinato) ci ha consegnato una latta di metallo con della cicoria insieme a un’altra latta piena di brodo nero.
Poi è arrivato un altro cameriere che, accovacciato come un piccolo predatore, aspettava l’ordine.

“Gabry mi sento un po’ soggiogata”
“Fai finta che sia di peluche”
“Dici che parlerà inglese?”

Ci ha fatto segno di no con la testa. Poi ha mimato qualcosa, che pensavo fosse quel gioco “indovina il titolo del film”, infine si è riaccovacciato.
È tutto scritto in giapponese, ci sono delle foto sbiadite delle pietanze. Il piatto di ramen assomiglia più a un test di Rorschach e il maiale fritto sembra ormai una macchia di unto sulla carta.
Ma io sono contento.

ristoranti_Osaka
Abbiamo scelto a caso. Il cameriere si è alzato, ci ha sorriso, ha detto qualcosa che non abbiamo capito ed è scomparso in cucina.
Dopo pochi minuti è arrivato un terzo cameriere che ci ha portato tutti i piatti su un vassoio gigante.
Ed eccolo il nostro menù random:

- salmone fritto infilzato in lunghi stuzzicadenti
- patate crude fritte
- coda di pesce di gatto fritto
- manzo stufato in salsa di fagioli

Piera ha iniziato a mangiare con gusto, usava la cicoria come cucchiaio, mentre io spizzicavo lentamente come un pettirosso che cerca briciole sulla corsia d’emergenza di un’autostrada qualsiasi.
In teoria avevo fame, ma dietro alle spalle della mia amica famelica passavano orde di camerieri con sacchi neri della spazzatura.
Una ragazza li dirigeva verso un carrello pieno di ciotole di metallo vuote e infine la verità: dentro i sacchi della monnezza c’erano mazzi di cicoria, che venivano depositati con nonchalance negli appositi contenitori sicuramente non sterilizzati e poi impilati uno sopra l’altro, quindi il fondo della ciotola, che di solito è quello pieno di batteri, toccava tranquillamente la verdura.

“Gabry questa cicoria è freschissima”

Io non ho detto niente alla mia carissima amica, perché banalmente occhio non vede cuore non duole, ma soprattutto perchè se dovesse morire di leptospirosi potrò continuare il mio viaggio da solo e vendere tutte le sue calzine usate al primo maniaco che incontro.

Gtvb