Hai poche ore per visitare Kyoto?
Non abbatterti, leggi questo piccolo breviario che ti aiuterà a focalizzare i luoghi importanti della perla d’oriente.
In verità è colpa della mia amica che si è svegliata tardi.
Buona lettura.
Dov’eravamo rimasti? (Leggi QUI)
La mia amica Piera non ha sentito la sveglia e la nostra gita a Kyoto ha rischiato di saltare.
Siamo partiti alle 11:30 da Osaka. Secondo Mia San ci voglio solo 20 minuti per arrivare nell’antica capitale del Giappone, mentre per Yasu 1 ora e 30 minuti. (leggi QUA per capire il perché)
Spock, l’amabile receptionist dell’hotel Raizan, ci ha detto che ci metteremo 40 minuti.
Vabbè basta che partiamo perché se stiamo qui a sparare numeri finiamo in qualche bar a giocare al Super Enalotto.
Il paesaggio intorno a Osaka cambia ogni chilometro. Da bucolico diventa periferia di provincia, da zona industriale a paesello senza regole edilizie.
Sembra di guardare un cartone animato, ci sono canali che attraversano strade, minuscole auto ferme davanti ai passaggi a livello, fiumiciattoli che scendono dalle colline addobbate con casette mignon.
La ragazza seduta di fianco a me invece di godersi il viaggio dal finestrino è un’ora che cerca di attaccarsi una ciglia finta. Forse vuole farsi bella per Kyoto. Il risultato non è dei più entusiasmanti: i suoi occhi a mandorla sono diventati due kiwi.
Io e la Piera sembriamo due orfani scappati di casa. E se dovessimo incontrare una geisha? Scapperà sicuramente, lei così elegante, noi così sciatti.
Abbiamo così poco tempo e io sono agitato, perché vorrei visitarla tutta in dieci minuti, ma lo so che sarà impossibile, bisogna fare un piano d’azione.
“Piera appena arriviamo in stazione ci catapultiamo alla fermata dei pullman”
“Io devo fare una colazione occidentale”
“Giuro che ti abbandono su qualche tangenziale”
“Lo sai che mi trasformo se non ho la mia quantità di zuccheri giornalieri”
La stazione di Kyoto è enorme, orde di turisti assalgono qualsiasi cosa: bar, uffici informazioni, bagni, scale mobili e baracchini delle merende.
“Piera hai visto l’uscita?”
“No, però c’è un bellissimo Starbucks”
Altra mezz’ora persa per un frappuccino caramello e vaniglia accompagnato da un muffin al cioccolato.
Ora tocca a me. Con il mio Kit Kat al the verde mi sono precipitato da un signore vicino alla fermata degli autobus e senza pensarci mi sono prostrato ai suoi piedi.
“La prego mi dica quale mezzo pubblico devo prendere per arrivare a un tempio qualsiasi, basta anche uno piccolino”
E io che pensavo fosse complicato.
La prima cosa che potete vedere a Kyoto è il Kyomizu-dera, uno dei templi più famosi. Sono solo otto fermate di autobus, più un quarto d’ora a piedi.
È uno dei templi buddisti più famosi al mondo e come tutti i luoghi sacri è circondato da negozi di souvenir, che non fanno altro che aumentare la voglia di shopping della mia compagna di viaggio, che però è frustrata perché il suo borsellino è sotto sequestro.
Il Kyomizu-dera ha origini antichissime, costruito intorno all’800, venne poi completato durante l’era Tokugawa (1633).
Ad accoglierci c’è la grande pagoda rossa, dove un sacco di cinesi si fotografano.
A Kyoto è quasi impossibile avere un’ immagine da soli, c’è sempre un taiwanese, un americano o un tedesco a farti compagnia. Mal che vada potrete cancellarli con photoshop.
La sala Zuigu-do è una delle mie preferite. I buddisti e i miscredenti potranno, in cambio di una moneta, accedere al ventre materno Daizuigu Bosatsu, la madre di Budda.
È tutto buio. Vedrete solo una pietra illuminata con inciso in sanscrito la parola “grembo”.
Girandola avrete accesso a un solo desiderio. Mi raccomando non fate come la Piera che ha espresso di ritrovare magicamente il suo portafogli stracolmo di denaro per poter acquistare cianfrusaglie nei negozietti di fronte al tempio.
Siate più elevati e mistici.
Il panorama dal “palco” del Kyomizu-dera è strabiliante. Kyoto diventa piccola e tu ti senti forte e audace come un samurai.
C’è coda alla cascata per purificarsi, coda al bagno, code ovunque.
Però c’è il gelato al the verde e al sesamo, che assomigliano un po’ a quelli chimici del Mc Donald’s, ma che aiutano a ritrovare l’energia per affrontare la giornata, per dio sembro lo spot dell’Ovomaltina. :-P
Hello Kitty qui è ovviamente vestita in kimono. Tanto carina, quanto invadente.
“Gabry posso comprare il set per il trucco della geisha?”
“No!”
“Dei pettinini per farmi i capelli come una geisha?”
“No!”
“Delle ciabattine per camminare come una geisha?”
“No!”
Dobbiamo correre, non abbiamo molto tempo.
“Ma io devo pranzare, lo sai che se non mangio poi mi si abbassa la glicemia”
“Ho dei tic tac alla menta. Fatteli bastare!”
E invece ci siamo dovuti fermare in una stamberga su una strada trafficata con un menù indecifrabile e l’unica giapponese malmostosa.
In effetti eravamo gli unici clienti. Forse non aveva voglia di lavorare.
All’uscita invece dei soliti autobus ci ha accolti questa strana auto.
Voi che dite? È un carro funebre?
“Piera se non la pianti di fare i capricci, ti faccio portare via dall’auto dei becchini”
“Piantala di fare lo scemo. Adesso dove mi porti?”
“Nel quartiere di Gion”
“E dov’è?”
“A Kyoto”
“Mi prendi per scema?"
Da il Kyomizu-dera a Gion ci vogliono 19 minuti a piedi con passo deciso. Non è male come passeggiata, perché sembra di stare in un film di serie B ambientato in una periferia qualsiasi. Ma Kyoto ti sorprende al primo incrocio.
Eccola apparire la porta d’ingresso della mitica Gion, dove l’eleganza e il mistero hanno regnato per anni dietro il trucco bianco della geisha. (ricordate che il plurale di geisha non esiste)
“Ma è pieno di turisti!!!!”
“Piera cosa pensavi? Di bere un the da sola con qualche Maiko?”
(Maiko la giovane geisha apprendista)
In effetti l’orda di persone che cammina per le stradine di Gion infastidisce. Soprattutto i fotografi professionisti che girano come tigri aspettando di saltare addosso alla loro preda, ovvero la geisha.
Che palle. E io che speravo di tornare indietro nel tempo e di ascoltare il suono dello shamisen sotto un ciliegio in fiore, invece mi tocca fare slalom fra americane sovrappeso che mangiano streetfood senza avere un minimo di decoro.
Il momento migliore per vedere la geisha è verso il tramonto, me l’ha detto la mia amica Francesca che vive qui da anni, ma che oggi non c’è perché è a Hiroshima per un corso di aggiornamento di Ikebana.
Maledetta, mi ha abbandonato per mettere quattro fiori storti in un vaso. :-P
Non c’è molto silenzio qui. La gente grida, manco fossero a una battuta di caccia.
Correte ne ho vista una! De qua de qua…no stava vicino ar teatro
“Gabry, ma sono italiani?”
“Fai finta di niente”
“Ma hanno detto di andare verso il teatro”
“Ti prego non farlo”
E invece eccola la mia amica Piera correre come una gazzella in mezzo alla ressa di turisti.
Spinta dall’adrenalina è riuscita a farsi spazio davanti al viale. In fondo, timidamente, camminava una piccola macchia blu e rossa. Era la geisha che avanzava lentamente.
In un attimo Gion è stata invasa dai flash.
Non c’era pace per quella povera donna. Obiettivi fotografici le sfioravano il volto, mentre il passo si faceva sempre più cauto.
Non era un bello spettacolo, ma la geisha ha avanzato nonostante tutto, perché è nata per l’arte e…
“Gabry guarda sta arrivando verso di noi!!!!”
Scusatemi il gioco di parole, ma dovrebbero fotografare i fotografi che fotografano la geisha, sembrano veramente degli assassini.
La mia amica stava per scattare l’immagine del secolo, quando una scorbutica l’ha spinta per rubarle l’inquadratura migliore.
“Ma sta stronza maledetta. Levati dal cazz…”
“Guarda che capisco cosa dici”
Che figura di merda. La scorbutica maleducata era una ragazza di Bologna, anche un po’ attaccabrighe.
L’unica cosa che ho potuto fare per calmare le acque è stato travestirmi da geisha e farmi inseguire per tutta Gion.
Dopo mezz’ora…
Finalmente sono riuscito a seminare tutti quegli imbecilli creduloni. È ora di tornare nei miei panni.
Sono in un vicolo un po’ appartato, da solo.
Kyoto ha deciso di farmi un regalo.
Davanti a me si apre lentamente una porta. Fa capolino, in solitudine, una geisha con un abito rosa e viola scuro.
Per un attimo i nostri occhi si sono incrociati, io sono affogato nei suoi decori dorati, mentre lei fiera e decisa mi ha lasciato morire davanti a un cancelletto nero.
L’ho guardata camminare, intorno al suo passare sembrava ci fosse un’altra gravità. Il mondo rallenta al cospetto di una geisha, ne sono certo.
La mia mano ha tremato e non ha tenuto fede al patto fra me e lei. Un ricordo sfuocato, me lo sono meritato.
“Gabry hai visto un’altra geisha?”
“No”
“Comunque Kyoto è bella, ma non ci vivrei”
“Come Venezia”
“Ci sono troppo turisti che ti spintonano”
Il nostro viaggio a Kyoto si è concluso al tempio Yasaka, fra bancarelle e ragazzini che flirtavano nel parco. Siamo rimasti meno di 12 ore.
Abbiamo comprato un foulard per le nostre mamme, due calamite per il frigo e una pomata per i lividi.
Questo è il prezzo da pagare per vedere una geisha.
Gtvb