Nato in Corea.
È arrivato in Giappone a metà degli anni 90 per studiare alla Nippon Photography Institute e al Politecnico di Tokyo.
Bianco e nero.
Così si propone Seung Woo Yang, classe 1966. Come lo Yin e lo Yang. Scusate l'omofonia.
Ha fotografato la vita malsana degli Yakuza, fatta di sesso, droga e poco rock'n roll. È entrato in un mondo che a pochi artisti è concesso vedere e gli ha restituito quello che gli mancava: un po' di umanità. Solo poca, senza cedere al lato oscuro.
Intimo e violento allo stesso tempo. Il suo progetto "The Best days", raccolto in un volume in sole 700 copie, nel 2012 andò a ruba in pochissime settimane.
È stato ristampato in questi giorni, in una nuova edizione curata dalla Zen Foto Gallery Tokyo.
La Yakuza che racconta è quella Coreana, quella da cui è scappato quando era giovane e ribelle, ma che ha potuto mordere, masticare e sputare.
Ha scelto un'altra strada Yang. Voleva imparare il giapponese e diventare cuoco o fotografo, ma soprattutto salvarsi. Meno male dico. Perché quello che ci ha restituito è qualcosa di profondo e autentico.
Nel 2017 ha vinto il 36° Domon Ken Award, uno dei premi più importanti della fotografia giapponese, con il progetto "Shinjuku Lost Child" un'incursione monocromatica sugli strani abitanti di Kabukichō, uno dei quartieri più "hot" di Tokyo.
Corvi, tatuaggi e dita mozzate. Anche il Giappone gli ha regalato dei bei soggetti. Li ha chiamati bambini perduti, che di notte cadono a terra e nessuno raccoglie.
Dell'esperienza con la Yakuza ha dichiarato: "Quei giorni che ho passato a perdere tempo sono stati i migliori della mia vita, ma vorrei ricordare alle persone che non puoi mai riprenderti il presente. Suggerisco a tutti di fotografare le persone importanti che hanno al loro fianco. Ho deciso di non rimpiangere nulla della mia vita. Quei tempi appartengono al luogo a cui appartengono, li lascio così come sono"
Nel mondo di Yang entrateci in punta di piedi.
Gtvb
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Immagini ©YANG Seung-Woo - Publisher: Zen Foto Gallery