Oggi vi propongo un menù diverso, fatto d'incontri, misunderstanding, scoperte e conferme.
Qual è il vostro piatto preferito della cucina giapponese?
Buona lettura.
“Gabry guarda che è di qui.”
“No Piera, devi andare di qua!”
“Ti dico che non è così!!”
“Amica lo sai che non usciremo mai da queste metro?”
Ieri è stata una giornata densa come la salsa teriyaki, così densa che non so da dove iniziare.
Ci siamo alzati mediamente tardi, verso le 10:30, l’appuntamento con la nostra amica giapponese era all’una.
Stranamente i miei due coinquilini erano a casa, ovviamente a sporcare qualsiasi cosa toccassero, come due porcellini nani.
Dina l’inglese buttava capelli nel lavandino del bagno, sputava dentifricio sullo specchio e non vi dico la doccia com’era messa.
Patrick l’americano invece cucinava di prima mattina uova strapazzate, bacon e succo di pomodoro, ci mancava solo la peperonata e ci avrebbe steso tutti con la sua fiatella.
E io che sognavo una casa tradizionale giapponese, con il tatami e il futon, pareti in legno con carta di riso, vasche termali, invece mi sembra di vivere in una fogna a cielo aperto. Maledetti zozzoni!
Quando mi parlano insieme vado in tilt, perché poi iniziano a litigare fra di loro sulla pronuncia esatta delle parole. La mia amica Piera invece fa la gnorri come al solito, piuttosto che interagire con loro fa finta di ascoltare la musica con le cuffiette.
Mia san ci ha spiegato come raggiungerla:
“Prendi metro sotto casa uscita est, poi fai due fermate cambia linea gialla, prendi metro per direzione Ginza, fai due fermate, fai una giravolta, falla un’altra volta, guarda in su, guarda in giù e dai un bacio a chi vuoi tu!”
Chiaro no?
Ci siamo persi in men che non si dica.
“Gabry io non capisco niente di quello che dice il signore della Metro”
“Ovvio sta parlando in giapponese hahahahahahah”
“Cretino! Lo sai che non usciremo mai più?”
“Lo so! Per questo mi sono munito di bento da qui all’eternità, possiamo usare i bagni della stazione per lavarci”
“Voglio tornare a casa”
“Dai Piera non disperare, se mi accenni un sorriso, ti regalo un portachiavi”
Abbiamo appuntamento con l’insegnante d’italiano di Mia San, nota per essere puntuale, tenace, sportiva, frizzante e molto pragmatica.
Con i miei poteri sono riuscito a ritrovare la strada, ho aperto uno Star Gate e in un battibaleno ci siamo catapultati alla fermata giusta. Solo 10 minuti di ritardo.
Mia San ci ha accolto così:
“Bravi voi trovato strada”
Cosa? Quindi ci hai messo alla prova! Maledetta giapponese, ora venderò la tua anima alla dea Hello Kitty che ti trasformerà in una molletta per capelli e finirai su una testa unta di una bambina in età pre-puberale.
“Scusate il ritardo, ci siamo fermati a comprare dei dolcetti, sappiamo che in Giappone è usanza portare un regalino quando si viene invitati da qualche parte o quando si ritorna da un viaggio…giusto? Piera mostra i dolcetti alle nostre amiche”
“Li ho mangiati!”
Cosa? Maledetta straniera spendacciona, ora venderò la tua anima al Dio Doraemon e verrai trasformata in una lettiera per gatti con problemi alla prostata!
“Mia San non ti preoccupare ho comprato due scatole!”
“Bravo! Tu fatto omiyage”
“Non so cosa ho comprato”
“Tu comprato dorayaki con fagioli rossi”
“Speriamo di non scoreggiare”
“No, non essere scoraggiato, hai fatto bene!”
Perché non capisce mai le mie battute? :-P
“Io vi presento mia amica insegnante. Suo nome è Vicky”
Come comportarsi davanti a un italiano che abita in terra straniera da un sacco di anni?
Boh. Forse cercando di capire da dove proviene, cosa lo ha portato via dalla sua terra, intervallando il tutto con barzellette sporche e con delle ricette regionali.
Invece Piera ha preferito farci passare per dei nerd disadattati.
“Ciao piacere io sono Piera, ma nel mio paese mi chiamano Yu Morisawa. Ti ricordi chi è? Non guardavi Creamy? Noi siamo pazzi dei cartoni animati e ci stiamo spendendo la liquidazione in Giappone. Ho già fatto fuori due carte di credito e mia mamma non sa più come rimpinguare il mio conto corrente. A me serve denaro perché devo comprare tutto il set da cucina di Rilakkuma, poi vorrei dei vestiti da Lolita Gotica, sette parrucche, una teiera a forma di gatto, dei fumetti originali di Glass no Kamen. Sai chi è? In più mi piacerebbe incontrare Ken Shiro, avere una relazione aperta con Rocky Joe e visitare la Fortezza delle Scienze, che mi dicono essere vicino al Monte Fuji”
Che figura da peracottari.
“Comunque lui è il mio amico Gabriele, schiavetto personalizzato che fa tutto quello che dico. Ci fermeremo in Giappone per due mesi, quanto basta per avviare un business di import/export di unghie finte e materiali di scarto radioattivi”
Vicky ci ha guardato dalla testa ai piedi, poi con una stretta di mano vigorosa ha detto: “Seguitemi”.
Siamo andati a mangiare il famoso Tonkatsu: maiale fritto in letto di riso, con uovo semicrudo. Almeno qui lo servivano così.
Mentre cercavo di spostare l’uovo crudo dal piatto, visto che non lo digerisco, notavo che la dolce Vicky parlava in giapponese con Mia San. Non ci degnava neanche di uno sguardo.
Dio parla benissimo. Ogni tanto, senza girare la testa ci domandava “Vi piace?”
Io e la Piera, come due bambini delle elementari, rispondevamo in coro: “Buonissimo”
Per Dio è solo maiale fritto, mica la fagiana imperiale laccata ripiena di noci e prugne ripassata al forno condita con bacche di ginepro e timo della Scandinavia.
Come vorrei dei crostini di pane con del Philadelphia!
A un certo punto, non so per quale motivo, l’insegnante di Mia San ha iniziato ad intavolare un discorso con noi.
“Avete visto che strani che sono i maschi giapponesi?”
In effetti non hanno il testosterone di noi latini, però sono simpatici e gentili e alcuni vestono molto trendy.
Poi il discorso ha preso una piega sessuale. Sembrava di stare al circolo delle femministe in menopausa. Abbiamo scoperto tutti i lati negativi del maschio giapponese.
Per farla in breve Vicky vorrebbe presentarci il suo fidanzato toy boy, che sta studiando italiano.
“Come mai vuoi presentarcelo?”
“Voglio capire se è fesso o no”
Che figo, siamo dei tester. Siamo stati scelti per stilare un profilo psicologico.
Devo ritrovare la mia laurea in psicologia che avevo comprato in edicola insieme al giornale “Giardini e Terrazzi”.
Finito di mangiare, Vicky ha fatto una cosa che in Giappone si usa poco: ci ha invitato a casa sua.
Vive in una villetta stile cartone animato, sembra quella di Ataru Moroboshi.
Come da protocollo, per entrare bisogna togliersi le scarpe.
“Gabry che bello sembra di stare in Kiss Me Licia”
“Piera, piantala di parlare di cartoni animati”
“Ma cosa c’è di male?”
“Sicuramente ci ha portati a casa sua per ucciderci”
“Ma va, sta solo cercando dei nuovi amici”
“E allora tutte quelle scarpe all’ingresso? Le ho contate sono 26 paia. Uccide i suoi ospiti e poi vende le parti del corpo alla yakuza per testare gli inchiostri dei tatuaggi”
“Tu guardi troppo film dell’orrore giapponesi”
Vicky abita a Yotsuya, una zona molto verde e piena di parchi. All’uscita della metro c’è una piccola stazione della polizia, tanto carina, con attaccati i poster dei ricercati, che sembrano tanto carini anche loro, perché qui tutto diventa carino, anche gli assassini.
Ci sono business hotel e ristoranti di ogni genere, konbini ogni trenta metri, un fiorista e manco un cestino.
Questa cosa dei cestini ci sta facendo uscire pazzi da giorni. Finalmente Mia San potrà svelarci il mistero del perché i giapponesi devono buttare le cartacce e le gomme da masticare nella tasca del giubbotto.
“Per via di terrorismo, anni fa attentato alla metro con gas e ora si pensa che li avevano messi nei cestini quindi governo togliere.”
Questa mi sembra un’ottima soluzione. Cosa fumano in Parlamento?
Vicky ci ha mostrato solo il primo piano della casa, che è composto da un ampio ingresso disseminato di scarpe delle sue vittime, un salone con cucina a vista, un grosso bagno e la stanza tatami.
“Volete un caffè?”
“Grazie volentieri”
“Zucchero?”
“No, grazie. Mio nonno, mio zio e mio padre sono diabetici. Prevenire è meglio che curare”
“Digli di stare attento a tuo papà, i diabetici rischiano l’amputazione della gamba”
“Tranquilla gliel’hanno già tagliata!”
Gelo nella stanza. Forse non dovevo essere così cinico.
Vicky però ha iniziato a spiegarmi che ci sono un sacco di verdure giapponesi che aiutano a non far salire la glicemia, che la dieta nipponica è molto salutare, se non si comprano quelle schifezze sintetiche che vendono ai Konbini, piene di alcol, conservanti, coloranti e uranio impoverito.
Stare qui non è poi così male. Perché vivi una dimensione famigliare, scopri un sacco di cose sul Giappone e ti senti un po’ come dalla zia, che cerca sempre di sgridarti per tutto quello che fai, ma alla fine ti vuole bene.
La Piera ha preparato con le sue mani due collane. Una è verde e l’altra è rosa.
Non conoscevo questo suo lato creativo “hand made”.
“Mia San vieni a scegliere la collana che ti ha costruito la Piera con le sue mani bucate da spendacciona”
“Sono molto belle”
“Quale scegli?”
“Non saprei”
Dopo venti minuti.
“Non saprei. Fossi in negozio fare scegliere a negoziante”
“Dopo altri venti minuti,
“Non saprei”
“A bella del Sol Levante, se stiamo ad aspettare te facciamo Natale. Vicky prende quella verde che vuol dire -speranza di trovare un uomo alfa - e tu Mia-san prendi quella rosa che vuol dire - andiamo a casa che mi fumo una sigaretta”
Ci congediamo dalle nostre amiche ruttando il Tonkatsu. La nostra giornata non è ancora finita. Stasera abbiamo appuntamento con un’altra mia amica che vuole farci assaggiare l’Okonomiyaki.
Perché non mi sono portato dall’Italia la Citrosodina??
“Gabry ti ricordi dove dobbiamo andare?”
“Omotesando”
“Sai come arrivarci?”
“Certo siamo in anticipo di due ore”
“Che bello, così posso fare un micro shopping”
Boccaccia mia statte zitta!
Siamo finiti in uno di quei posti da turisti pieni di cianfrusaglie e souvenir da 4 soldi: l’Oriental Bazar.
Famoso per i suoi kimono sintetici e le magliette 80% poliestere, la mia amica Piera ha avuto una sublimazione. Non spirituale. È diventata una sostanza aeriforme ed ha iniziato a vagare per tutti i reparti inglobando qualsiasi cosa.
Siamo usciti con 34 set per il sushi, 12 portafogli, dieci katane di legno, un ombrello, un cappellino, fornitura di bacchette da qui all’apocalisse e 40 bicchierini da tè.
Non vi dico per impacchettare tutto. C’erano le commesse impazzite perché era finita la carta da pacco.
Non contenti abbiamo fatto anche una capatina al vicino KiddyLand, il negozio di giocattoli più stordito del mondo, nel senso che sono tutti matti qui dentro, dai clienti ai commessi.
La Piera è riuscita a svuotare lo scaffale di calzine per ragazzine molto carine. E io? Ovviamente uomo facchino.
Fuori dal ristorante di Okonomiyaki abbiamo incontrato Alice. Abita a Tokyo da un anno e sta studiando giapponese.
Con lei ci conosciamo da una vita. Era la webmster del primo sito italiano sul Giappone.
Su internet è considerata come la dea Amaterasu. Fa piacere vederla dal vivo e non solo dietro a una chat.
Abbiamo aspettato un po’ fuori dal locale. Nel frattempo la cameriera per scusarsi dell’attesa ci ha portato tre birre, coperte, gatti da coccolare, biglietti da visita, tric & trac da esplodere, magliette di Maradona, fagiolini da sgranare e noccioline da tirare ai passanti. :-P
Quante attenzioni!
L’Okonomiyaki è una specie di frittata con dentro di tutto, era quello che cucinava Marrabbio in Kiss Me Licia! La ricetta potete trovarla su internet, semplice e intuitiva.
Alice la sa lunga sul Giappone e io ho una lista interminabile di cose da chiederle, purtroppo è super impegnata e non potrà starci dietro come speravo. Mi toccherà portare ancora sacchi e sacchettini della Piera fino alla fine di questo viaggio. Me tapino.
Il bagno del ristorante è quello più complicato che abbia mai trovato, perché il tasto dello sciacquone è sul computerino e non dietro al gabinetto!
Ci ho messo un quarto d’ora per capire e nel frattempo la fila alla porta diventava lunghissima.
Un consiglio: provateli tutti!
Per essere gentile e cortese ho invitato Alice a casa mia, giusto per un caffè come si deve visto che ho portato la Moka, come il classico italiano medio.
Appena abbiamo aperto la porta, chi ci troviamo davanti? Patrick l’americano completamente ubriaco.
Si è lasciato con la fidanzata. Ecco perché sta affogando i suoi dispiaceri nell’alcol.
“Mi dispiace molto Patrick per quello che è successo”
“Fuck”
“Ok. Ti servo un altro goccetto di vino australiano?”
“Fuck”
E io che volevo solo fare un caffè. E invece mi tocca ascoltare tutte le sue pene d’amore.
Così mentre cerco di arieggiare la stanza scopro che ha avuto anche una relazione con un italiana.
“Dove vive?”
Ma perché continuo a fargli domande!!!!!??????
Ha iniziato a raccontarci tutti particolari di questa breve storia d’amore.
Lei pare fosse molto procace, sexy e vogliosa.
“She lives in Avellino”
“Ti manca?”
“Yes”
Ecco speriamo non gli venga in mente di trasferirsi in Italia.
GiapponeTVB
“Ciao sono Mia San volevo dirti che Vicky ci ha invitato ancora a pranzo”
“Perché?”
“Vuole presentare suoi tre figli e fidanzato nuovo molto giovane”
Forse meglio tornare a fare il turista!