C'è un luogo incantevole a Tokyo dove tutti tornano bambini. Non si può paragonare a Gardaland e nemmeno a Mirabilandia. Non troverai Prezzemolo o Calimero.
Benvenuti al Museo Ghibli in un racconto lungo dieci anni!
Buona lettura.
Oggi Piove!
No, c’è il vento!
Anzi, c’è il sole!
Per Dio sembro il colonnello Giugliacci in stato confusionale!
La Piera, in base a quello che dico quando guardo fuori dalla finestra risponde:
“Ho bisogno di stivali di gomma”
“Ho bisogno di un k-Way”
“Ho bisogno di un ombrello”
“Ho bisogno di un burro cacao”
“Ho bisogno di una crema abbronzante”
Stamattina mi sono alzato presto, un po’ perché voglio che il mio orologio biologico torni normale e un po’ per godermi finalmente Tokyo di mattina!
Il problema è evitare il mio coinquilino logorroico americano che sbiascica e non scandisce le parole. Io hHo un pigiama uguale ai muri di casa, appena lo vedo mi appiccico come una sogliola e mi mimetizzo come un camaleonte! Ma alla fine sono sempre io che cerco di parlargli per vedere fino a che punto sono migliorato con l'inglese.
“Good morning, Patrick”
“Buongiorno”
“You speak italian?”
“No, I know buongiorno, grazie and ciao”
“Good…ma vada via al culo”
Quando parlo con uno straniero non mi fermo mai ai convenvevoli, devo sempre addentrarmi in discorsi assurdi, tipo la condizione femminile nell'Iran degli anni 70, il conflitto fra Palestina e Israele, la fame nel mondo. Con Patrick mi è partito il trip sui terremoti, ma soprattutto gli ho chiesto se aveva mai vissuto un'esperienza sismica insieme alla sua fidanzata.
Non l’avessi mai detto!
Mi ha raccontato del terremoto in Hokkaido, di quello in California e secondo me anche di quello che c’è stato in Irpinia nell’80.
Poi mi ha descritto per filo e per segno il mestiere della sua ragazza, l'estinzione dei dinosauri, la storia di Francia e il mito di Ulisse.
Patrick si aspettava una risposta da me, ma l'unica cosa che sono riuscito a dire è stato:
“How old are you?”
Questo lo so dire bene.
“45”
“I think 35… You are very young”
E ha incominciato con una filippica sulla sua famiglia, che hanno una bella pelle, che sua madre è piena di energia e che tutti sono giovani e forti.
“We can go to eat or to drink together tomorrow…ok?”
Non so cos’abbia risposto, ma per per 20 minuti ho annuito mettendo parole a caso accanto al verbo to play.
Patrick essendo americano ha un senso del gusto tutto suo. Assomiglia ha un cowboy con la sindrome di Peter Pan, ovvero i classici padri che si vestono con gli abiti smessi dei figli.
“Do you like my Jacket?”
Come si dice in inglese “Insomma sembri il Fonzie della Romania, ma tanto qui non fa caso nessuno se indossi ciofeche”
“Patrick where are you going oggi cosi andiamo da tutt'altra parte?”
“To extend my visa”.
“First…change your shoes”
E dopo un silenzio tombale è uscito. Forse non dovevo dirglielo!
La mia amica Piera è una dormigliona, ho dovuto minacciarla di alzarsi con ricatti del tipo:
– Ti stacco un ciondolino e lo dono al primo clochard che trovo per strada.
– Rompo una gamba dei tuoi gadget a forma di sedia di P. Stark.
– Ti lascio ai magazzini senza portafoglio.
Così, mentre smetteva di "piovere, no c'è vento, anzi c'è il sole" in un nano secondo siamo andati al Museo Ghibli!.
Per chi non lo sapesse, è il museo del maestro Hayao Miyazaki, premio oscar per il cartone animato La Città Incantata.
Arrivati alla stazione di Mitaka, ci siamo fatti prendere dal profumo inebriante di tutti i bento presenti.
“Piera, quello è il nostro pullman corri!!”
“Aspetta devo fare una cosa!”
“Cretina dobbiamo prenderlo non fotografarlo”
Il Museo Ghibli è una specie di castelletto tutto smussato dentro un parchetto tutto curato.
Attrazione più eccitante? La riproduzione del robot guardiano di Laputa.
All’ingresso c’è un salone con 4 scale e un ponte in mezzo, tutte le finestre hanno vetrate colorate con disegnati i personaggi dei cartoni animati più iconici dello studio Ghibli: c’è Kiki’s Delivery Service, Totoro, il cervo della Principessa Mononoke e Pete, l’amico scoreggione di Heidi.
Scusate un attimo…
“Piera non si possono fare foto all’interno del Museo!”
Nella sala al piano terra sono riprodotti i vari tipi di animazione: dallo stop and moving alla pellicola, dal disegno tridimensionale al…click...scusate un attimo…
“Piera non si possono fare foto all’interno del Museo!”
Non contenta di essere stata sgridata da un inserviente del museo, la mia amica è corsa in bagno a fotografare i sanitari.
C’è un cinema dove viene trasmesso un film ogni 30 minuti, un cartone animato inedito che potete vedere solo qui.
Al piano superiore c’è la famosa riproduzione del nekobus di Totoro, i bambini urlano come i pazzi perché sono gli unici che possono entrare. Maledetti bastardi!
“Piera dove sei?”
Ovviamente era nel negozio “Mamma Aiuto” (scritto in Italiano), vero paradiso per i fan di Miyazaki.
Non è molto a buon mercato. Qui ti puoi permettere una spillina e 4 cartoline, il resto sono oggetti delicatissimi, costosissimi e inutilissimi.
Sopra il tetto del castelletto c’è un giardino con il robot di Laputa a grandezza naturale e il cubo con le scritte “laputesi”, che se guardate il film capirete cosa c'è scritto.
Al piano terra c’è il ristorante e il pozzo più un Totoro gigante alla cassa!
Totoro è come da noi Topo Gigio, solo che non parla come un demente e non puzza di cacioricotta!
Non è durato molto il nostro giro dentro il museo. Diciamo che l'attesa del piacere di entrare al Museo Ghibli è essa stessa il piacere...per Dio cosa sto scrivendo?
Davanti all'uscita, mentre "pioveva, no c'è vento, anzi c'è il sole" una ragazza ha incrociato i nostri sguardi. Indossava una maglia con scritto "The bird is tired".
Io e la Piera abbiamo riso così forte che le nostre onde d'urto hanno aperto il cielo e fatto uscire il sole.
Mitaka è una zona residenziale, con case basse e niente di particolare. Abbiamo mangiato in un ristorante che faceva abbastanza schifo.
Mentre tornavamo alla stazione, una signora curiosa ci ha fermato.
“Ueiufurum?”
Un attimo di silenzio.
“Gabry questa parla una lingua strana. Ha detto Furu furu"
“Piera ha detto – Where are you from?”
“E tu come hai fatto a capirlo?”
“E’ Laputese…l’ho imparato prima di partire”
“Italy…signora…We are from Italy!”
Ci ha guardato e ha sorriso. D'altronde c'è il sole.
“Itariiiii??”
Un negoziante di fronte ripete insieme a lei: “Itariiiii”
E tutta la via:“Itariiiii”
Evviva…evviva…evviva…evviva…evviva! Aggiungi un posto a tavola che c’è un amico in più!
“Gabry qui sono tutti matti”
“Annuire è il segreto!”
Questo è il regalo più bello che ci ha fatto il museo Ghibli, il sole e i sorrisi della gente.
Forse per questo è un luogo magico, dove però non si possono fare fotografie.
GiapponeTVB